Osimhen-Napoli, non è questo il momento di separarsi: Victor ha ancora fame di vittoria

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Dove si nasconde la felicità? In fondo gira tutto attorno a questa domanda. Se ripensasse alla sua storia, Victor Osimhen dovrebbe avere pochi dubbi: per lui la felicità è la palla che finisce in rete, è la corsa sfrenata per esultare, quando si toglie la maschera e mostra il volto sorridente ai bambini che si pettinano allo stesso modo e cercano di imitarlo in campo. A Napoli il nigeriano è più di un super eroe: in Arabia sarebbe una figurina del nuovo album. La felicità di Aurelio De Laurentiis, invece, ha avuto differenti ambiti di realizzazione: prima il cinema, poi il calcio.

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Ma lo scudetto è una cosa a parte, difficile perfino da raccontare per la gioia che ha regalato alla città che con la squadra vive un rapporto viscerale, di simbiosi totale.
La cavalcata tricolore sarà per sempre un capolavoro, l’Oscar alla carriera di un produttore che ha trasportato i sogni della gente dal cinema allo stadio.
Si dice, con un pizzico di retorica, che i soldi non diano la felicità: solo chi ne ha davvero molti può rispondere con cognizione di causa. Piuttosto, crediamo sia vero che la ricchezza porti con sé un dono prezioso: quello di poter scegliere liberamente, di poter dire di no. Ecco, sarebbe davvero bello se in questa estate così calda anche per il vento rivoluzionario che soffia dall’Arabia Saudita, Osimhen e il Napoli dicessero di no.

 

Con convinzione ed entusiasmo. Intendiamoci, girano cifre talmente folli che non ci permettiamo nessuna valutazione finto-moralista: l’ingaggio proposto al centravanti nigeriano è fuori dal mondo, la somma stanziata dall’Al Hilal per il cartellino lievita giorno dopo giorno, De Laurentiis gongola al pensiero di effettuare la cessione più ricca di tutti i tempi puntando addirittura a quota 200 milioni. Insomma, siamo consapevoli che può fare, a suo modo, la storia. Ma la storia del calcio, quella vera, quella di cui si innamorano i bambini fin da piccoli, non si legge sui siti specializzati nel mercato.
La storia del calcio non è un elenco di trattative milionarie, ma è una collezione di albi d’oro (scudetti, Champions, Mondiali, Palloni d’oro eccetera) e di emozioni. Trionfo e brividi: questo è il regalo che Osimhen e De Laurentiis, insieme a Spalletti, Kvara e tutti gli altri, hanno fatto ai napoletani che, per ringraziare, hanno scomodato Maradona. Il dio del calcio. Diego in Arabia magari ci sarebbe andato in tournée o a fine carriera, non nel momento di sollevare coppe.
E Osimhen ci pensi: per età, fame di vittorie e prospettive di crescita, lui è l’ultima trincea. Finora in Arabia sono andati prospetti differenti, ma nessun fuoriclasse nel pieno della carriera.
Nel calcio i trasferimenti si fanno in tre, ma per farli saltare basta un solo no. E stavolta, pur ribadendo il rispetto per qualunque scelta professionale e l’astensione da giudizi morali, ci piacerebbe che questo no fosse pronunciato in modo stentoreo da Aurelio De Laurentiis. Se il presidente chiudesse la porta ai corteggiatori arabi, Osimhen si adeguerebbe. Certo, a dover essere adeguato ci sarebbe anche il suo contratto, ma questo ADL l’ha già messo in preventivo ben sapendo che, prima o poi, dovrà lasciar andare Victor in cambio di un bel pacco di milioni.
Ma questo non è il momento giusto. Il Napoli, sulla nuova maglia, ha messo il Vesuvio accanto allo scudetto: con il bel calcio ha trasformato i vomitevoli insulti alla sua splendida terra in un incanto sportivo-agonistico che ha strappato applausi dappertutto e non merita di finire così presto. Gli addii di Giuntoli e Spalletti fanno male, ma la società ha potuto solo prenderne atto. Kim è una perdita pesante, ma può essere compensata e comunque c’era una clausola. Osimhen, però, no. La sua cessione sarebbe una scelta. E uno strappo: dalla magia tricolore, dal sogno di rivincere e di affrontare la Champions con un’altra consapevolezza, dall’amore di una tifoseria che adesso ha legittimamente paura.
La felicità, da mesi, si nasconde nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. De Laurentiis si faccia una passeggiata e poi urli il suo no.

 

Fonte: Estratto da La Gazzetta dello Sport 

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