L’INTERVISTA a Paolo Cannavaro: “Le maglie? Che brividi. Il futuro del Napoli? La squadra resta molto forte”
«Ogni giocatore, tecnico e dirigente passato in questi anni a Castel Volturno ha messo un mattoncino contribuendo al grande trionfo: il Napoli resterà la squadra da battere»
Poche ore all’inizio della nuova avventura del Napoli in Trentino. In quel primo ritiro a Dimaro – luglio 2011 – lui c’era, capitano della squadra azzurra tornata in Champions League ventun anni dopo l’ultima apparizione con Maradona. «E che ricordi ho di Dimaro», si ascolta la risata al cellulare di Paolo Cannavaro mentre passeggia nelle acque di Ibiza. L’estate del 42enne ex difensore – 280 partite e 9 reti col Napoli, ultima esperienza professionale come vice del fratello Fabio a Benevento – è lontana dal pallone.
Tiriamo fuori un ricordo.
«Quello di un’estate in cui arrivarono migliaia di tifosi in Val di Sole. Dopo cena, di solito, si fa una passeggiata in paese per prendere un gelato o scambiare quattro chiacchiere. Impossibile invece quell’anno uscire dall’albergo perché arrivarono migliaia di tifosi da tutta Italia. Ci inondavano di affetto dalla mattina alla sera e così restavamo fino a tardi nella sala da pranzo dell’hotel a scherzare tra di noi. Si cementò ancora di più un gruppo meraviglioso, base fondamentale per i successi».
E dopo la qualificazione Champions arrivò infatti la Coppa Italia nel 2012, con capitan Cannavaro che alzò il trofeo nel cielo di Roma.
«Nella squadra di Mazzarri c’erano giocatori di qualità e soprattutto uniti, così il Napoli diventò ancora più forte in quel contesto unico e iniziò ad essere meta ambita anche da tecnici come Benitez, vincitore di una Champions League, e da calciatori come Albiol, Callejon e Higuain, arrivati dal Real Madrid. Tutti quelli – giocatori, dirigenti, allenatori – che in questi anni sono stati nella squadra hanno messo un mattoncino e contribuito alla scalata. Ovviamente il merito dello scudetto resta di Spalletti e dei suoi uomini. Hanno fatto qualcosa di incredibile, straordinaria la loro voglia di vincere: sono stati i migliori sotto tutti gli aspetti regalandoci un’immensa emozione».
Ha visto lo scudetto sulle nuove maglie?
«Sì. Ed è stato un brivido. Perché quando fu il Napoli di Maradona a vincerli io ero molto piccolo, quindi non avevo grandi ricordi. Invece questa stagione me le sono goduta, come questa nuova maglia».
Spalletti ha vinto ed è andato via: quale sarà il futuro dei campioni d’Italia?
«Il Napoli resta forte, c’è una grande base costruita dalla società di De Laurentiis nel tempo. Si dice che il club ha cento anni di storia, in realtà è giovane perché è nato nel 2004 dopo il fallimento. E in un breve lasso di tempo sono stati ottenuti ottimi risultati perché non è facile morire e rinascere. Spalletti ha fatto un lavoro che resterà nella storia, al suo posto è arrivato un altro tecnico di livello internazionale, che sa come gestire uno spogliatoio in cui vi sono differenti anime, lingue e culture, aspetto fondamentale nel lavoro di uno staff. Passando da Spalletti a Garcia, il modulo resta lo stesso, il 4-3-3, anche se è chiaro che qualcosa con il nuovo allenatore cambierà».
La sua estate, invece?
«È di aggiornamento sulle squadre in vista della ripresa della stagione, quando con mio fratello e il nostro staff cominceremo a seguire le partite dei vari campionati. Finora le mie estati erano state di lavoro, da calciatore o vice allenatore. Avevo anticipato il ritiro dall’attività perché Fabio mi chiese di seguirlo nell’esperienza al Guangzhou, in Cina, e bene ho fatto perché continuare a giocare per altri due o tre anni non avrebbe cambiato la mia vita. Ci guardiamo intorno e spero che la vacanza duri il meno possibile».
Intanto, ha lasciato l’Emilia ed è tornato a Napoli.
«Ho vissuto tanto in quella terra ai tempi del Parma e del Sassuolo. Poi ho trovato la casa ideale nella mia città e sono tornato dove ho le radici. Sono tifoso di Napoli e del Napoli. Non mi stancherò mai di ripeterlo: non nasconderei mai la mia fede calcistica, a prescindere da dove lavoro. Un conto è la professione, un’altra quel sentimento che ti accompagna per sempre nella vita».
A cura di Francesco De Luca (Font: Il Mattino)