Ci saranno saluti, inevitabilmente. E non è detto che per tutti debbano esserci cifre sensazionali. E’ il caso di Diego Demme e di un calcio più «umano», come lo definisce Antonio Giordano su il CdS e che consenta “a Diego Demme di riappropriarsi di sé dopo una stagione piena di pause, di tornare in Germania, di avere spazi che ha un po’ perduto: l’Hertha Berlino deve ricostruirsi, si sta leccando le ferite per la retrocessione nella B tedesca, ha bisogno di uomini di spessore e l’ex regista e capitano del Lipsia, 32 anni a novembre, è una garanzia. Demme ha vissuto due Napoli, nella prima (all’inizio), è stato a lungo titolare, non c’era un 4-3-3 senza di lui, ventidue presenze nei primi sei mesi, 35 nella sua seconda stagione; poi, gli è esploso Lobotka davanti e il suo campo è diventato la panchina. Però, ha vinto uno scudetto anche lui e poi prima, sempre con Spalletti, ha conquistato la qualificazione in Champions, peraltro mai attraversata. In Germania dicono che voglia anche lui rimettersi in gioco, che abbia offerto la propria disponibilità e che per dire di sì sarebbe disposto a ridursi pure l’ingaggio, e che a questo punto sarebbe semplicemente un affare tra società che dovranno trovare il modo e il tempo. Non essendoci in ballo centinaia di milioni, è relativamente semplice.”