Paladino: “La poesia del tecnico per un grande collettivo”

0
Nel suo ultimo film «La divina cometa», dove presepe e commedia dantesca si mescolano, c’è un uomo dei numeri, Elio De Capitani, filosofo che ci ragiona su. Per questo Mimmo Paladino, regista, pittore e scultore, è perfetto per raccontare il Napoli. Perché il suo cammino è pieno di numeri simbolici: è il terzo scudetto, a 33 anni di distanza dall’ultimo, il primo senza il 10 che arriva per merito del 9 e del 77. E poi è il creatore della più bella area di rigore italiana: l’Hortus Conclusus, a Benevento. Di un pallone in ceramica col nome dei suoi eroi calcistici; di una porta sguarnita che guarda verso l’Africa a Lampedusa; della Montagna di sale che fece prendere coscienza a Napoli delle sue potenzialità.

Factory della Comunicazione

Che cosa vede da Milano? «Un’opera collettiva, di grande tensione. Una corale dove tutti partecipano. Mi piace lo spontaneismo dei napoletani».
Lei è un maradoniano, differenze tra ieri e oggi? «Maradona è Picasso, creativo, imprendibile, geniale. Oggi Picasso non c’è».
C’è un collettivo, che è un murales di Rivera o Siqueiros? «Più Diego Rivera, che era potente, denso di materia, come questa squadra».
spalletti tottiIl NY Times ha definito Spalletti uno da avanguardia, lei è la transavanguardia… «Spalletti è Achille Bonito Oliva, l’artefice tecnico poetico. Sta esplorando dei confini, trasgredendo rispetto al passato, spiazzando il già avvenuto».
Ha giocato terzino, Di Lorenzo, è un terzino d’attacco, a che cosa le fa pensare? «Alla libertà. Ero confinato, non potevo fare oltre il mio ruolo. A me non piace il solo rigore, ma chi scombina e lui lo fa bene».
Il suo elmetto fa pensare alla mascherina di Osimhen.«Abbiamo il Mediterraneo in comune, il mio è un elmo di un presunto gigante. Picasso quando scoprì l’arte africana e si lasciò folgorare dalla novità. E io con lui. La mascherina di Osi è clinotecnologica. Non ha la poesia delle maschere africane».
E i suoi cavalli con Kvara? Questo calciatore caravaggesco-dostoevskijano. «Potrebbe essere uscito da Caravaggio per entrare in una mia opera divenendo un cavallo indomabile».
kimE Kim è uno dei suoi guerrieri oscuri? «Sembra di terracotta anche se nel gioco diventa duro. Lo vedo di più come un luminoso eroe dell’antichità greca».
La festa è una sospensione a guardare le sue opere, questa che cosa sospende? «Tutto quello che c’è di drammatico negli anni e negli animi, come in un carnevale. E si apre al gioco, alla libertà. Non dico che deve fare quello che vuole. Ma Napoli è civile. Io non sospenderei nulla. Non mi aspetto negatività. Napoli ha un equilibrio interno che pure se gira alto con l’euforia non fa guai».
Paul Auster rimprovera a Napoli un eccesso di autonarrazione, tra murales e striscioni, pensa che il prossimo passo per Napoli sarà diventare più pratica di New York? «New York è un mondo sé. Se non c’è un palcoscenico non esisti. Sali ed esisti e rimani sacro. Napoli i suoi li riconosce e li accantona, e aspetta la riscoperta degli altri. Troisi allontanandosi diventa grande. Così Eduardo. A Napoli il talento di Sergio Bruni era quasi normale. Come Pino Daniele o De Simone. Questo è bello. Napoli non ha bisogno delle sovrastrutture. Non ti mette sul palco, ti tira giù dal palco».
Questo scudetto ha come base una città multiculturale? «È il suo specchio. Si è napoletani appena si mette piede a Napoli. E poi si decide se restarci o meno. Solo New York è così. Vai là e devi dimostrare quello che vali. A Napoli non devi nemmeno dimostrare di essere qualcuno o valere qualcosa».
Marco Ciriello, La Gazzetta dello Sport
Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.