Nessuno come Osi, la sua forza esplosiva ha determinato i 71 punti in campionato
Sappiamo, adesso, qualcosa in più, ad esempio che il campo non mente, che i 71 punti del Napoli sono la legittima proiezione della forza esplosiva di Victor Osimhen, per il distacco il più forte di tutti, the number one, il dominatore assoluto del calcio reale e di quello virtuale dinnanzi a Lobotka, perché la scienza ha una sua sensibilità e pure una profondità, si avventura nelle foreste del centrocampo e riconosce il genio dalla normalità. E se pure lasciassero giocare un campionato su Marte, il Napoli formerebbe la Nazionale per diritto tecnologico, consegnerebbe la fascia destra, e semmai pure quella di capitano, a Giovanni Di Lorenzo, non a caso l’uomo-bionico, e quella sinistra al «professor» Mario Rui, che sarà pure caduto un po’ in disgrazia da quando Olivera s’è messo a fare pure gli assist, ma conserva comunque un suo fascino e un’autorevolezza consolidata nel semestre. In questo cyber-team, tutto ciò che un allenatore affronterebbe con la puzza al naso mentre distrattamente se ne starebbe a sfogliare il proprio libro bianco completato «artigianalmente» con la biro d’osservanza, non si prescinde da nulla, men che meno dai centimetri e dalla solidità fisica di Kim-Min jae, una specie di colonnello delle truppe cammellate dell’informatica o di questa diavoleria moderna che rischia di sfuggire a chi sta avanti con l’età ma di immediata comprensione a chi sta prenotando il futuro. La classifica dei supermen di queste ventisette giornate ha una sua natura, prescinde dai ruoli, non lusinga né moduli o sistemi, più che privilegiare chi marca a uomo (ce ne sono ancora, non è archeologia, e l’Atalanta rimane un esempio di bellezza), né chi fa della zona il proprio mantra (la maggioranza assoluta, una volta si diceva «bulgara), ma mescola fatalmente i ruoli allestendo la formazione seguendo i suggerimenti degli input piovuti da chissà dove: e comunque, al di là del Garigliano c’è vita con Ademola Lookman, la seconda punta che rompe la dittatura partenopea prima che ricompaia Zielinski; e, oltre quella Maginot che può essere individuata tra Fuorigrotta e Castel Volturno, vibrazioni sprigionano poi anche Dybala, Smalling e Barella, gli amabili «intrusi», come fossero dei «crash».