Spalletti mette in guardia i tifosi: “Non date retta a chi vuol già farci alzare le mani”
Il tecnico del Napoli parla anche di quel famoso Inter-Juventus
LUCIO E MAU. In quest’ora e mezza che sarebbe, ovunque e altrove, una tappa di avvicinamento, c’è però tanto altro, quasi un ponte che collega il bel tempo di Sarri a quest’epoca ormai leggendaria di Spalletti, sinceramente proiettato nel passato che riemerge prepotentemente stasera in Napoli-Lazio: «Sui campi di Castel Volturno ci sono ancora le sue tipiche linee di passaggio, dove tutt’ora la palla quando ci finisce scorre come meglio non si può. Il Napoli di Sarri esprimeva bellezza ed è giusto che questa bellezza venga ricordata più a lungo possibile, perché sono queste le cose che fanno bene al calcio. Lui è stato un Masaniello, il capopopolo di una rivolta del modo di vedere il football».
E Spalletti, che nel proprio vissuto ha introdotto identica ispirazione «ribelle» e anticonformista, adesso rappresenta la stella polare di quest’era geologica sfarzosa: «Non consideriamo il vantaggio sulle seconde, per noi diventa fondamentale che i nostri tifosi non vadano ad aspettarci all’arrivo. Non dìano retta a chi vuol farci alzare le mani in segno di vittoria».
APPLAUSI. Napoli-Lazio è empatia allo stato puro, un’amicizia che non vacilla dinnanzi agli interessi divergenti e però anche una trappola che Spalletti tenta di evitare con la cautela di chi sa come annusare il pericolo. «Io, in quegli anni, guardavo in tv solo le partite del Napoli di Maurizio, e lo applaudivo. E anche adesso gioca un calcio meraviglioso. Questo è un derby tra i residenti dello stesso condominio. Sappiamo di dover rispetto alla Lazio». E per se stesso, poi, ventinove anni a sperimentare un football che l’appagasse, che lo ha appagato, si vedrà poi quando il destino lo libererà dalle catene della cautela e finirà per sanare il debito che ha con lui e pure con il Napoli: «Io non ho rivincite da prendermi, sono felice di essere come sono, sempre al servizio delle società per le quali lavoro. Per quanto allo scudetto del 2018, quello perso da Maurizio in albergo, sicuramente Inter-Juve influì, ma non fui io il responsabile di quanto accaduto». Il cronometro scandisce il tempo, sana pure le ferite: prima o poi, cosa importa ormai quando? Sarà l’ora della felicità.
Fonte: CdS