Ad inizio stagione c’era grande curiosità, con un pizzico di scetticismo nei suoi confronti. Kvicha Kvaratskelia si è subito ambientato e sta mostrando con la maglia del Napoli tutto il suo valore. Ai microfoni di Uefa.com le parole del georgiano. “Per me era difficile credere che avrei giocato in Champions League. Ma non solo: anche il fatto che avrei giocato per una squadra del genere, per una squadra di Serie A, a me sembrava un sogno. Quando ho analizzato tutto e ho capito che avrei giocato a questo livello, mi sono detto che dovevo prepararmi diversamente alle partite e che dovevo abituarmi ad un altro tipo di lavoro. Penso di aver affrontato tutto bene e di essermi adattato velocemente”.
Sulla Serie A: “E’ diversa dagli altri campionati in cui ho giocato. Qui ci sono calciatori tecnici, calciatori veloci e soprattutto eccellono sia in fase difensiva che in fase offensiva. Forse la differenza principale sta proprio nella velocità del gioco”.
Ormai ti chiamano tutti Kvaradona. “All’inizio mi sembrava incredibile sentire associato il mio nome ad una leggenda di tale calibro. Di certo non em l’aspettavo, ma mi ha dato una grande spinta. Non sapevo come reagire: dire ‘grazie’ o fare qualcos’altro? Ora a poco a poco mi sto abituando e devo dire che mi rende felice essere paragonato a un giocatore del genere, è una cosa incredibile”.
Sui tifosi del Napoli: “Qui la gente vive per il calcio, questa è la cosa che mi ha sorpreso di più. Non esco spesso, ma quando salgo e scendo dall’auto mi rendo conto che questa città vive di calcio. Amano il calcio, idolatrano Maradona, che è ovunque tu guardi: lo trovi sui finestrini di un taxi e non solo e tu dici ‘Eccolo, Dio’. Qui la gente respira il calcio”.
Sull’aiuto di papà Badri: “Mi ha sempre supportato, era felice di darmi consigli dopo ogni partita. I suoi suggerimenti sono sempre stati molto utili, nel mio sviluppo è stato importante. Mia madre invece mi portava sempre agli allenamenti e mi aspettava sempre fino alla fine. I miei genitori hanno avuto un ruolo fondamentale per la mia carriera”.
Sulla Dinamo Batumi: “Due mesi lì mi hanno restituito l’energia persa. I tifosi che sono venuti allo stadio hanno creato un’atmosfera meravigliosa. Sarò sempre molto grato alla Dinamo Batumi e ai suoi dirigenti, voglio ringraziarli tutti. Si sentiva che la gente non vedeva l’ora di tornare a riempire gli stadi, tant’è che in molte partite c’è stato il tutto esaurito. Un’atmosfera così mancava da tempo nel calcio georgiano. I tifosi sono importanti, senza loro è difficile trovare motivazione. Nel campionato georgiano ci sono buoni calciatori che possono progredire e diventare ottimi giocatori. Il mio invito verso tutti è di andare a vedere le partite della Dinamo e spingere la squadra: il supporto dei tifosi conta tanto per tutti, ovunque si giochi”.
Sui primissimi tempi: “Ho cominciato nel 2011, c’è Andres Carrasco a capo dell’Academy e lui mi ha aiutato molto. E’ sempre stato gentile con me, è un vero professionista. Poi quasi dopo tutti gli allenamenti giocavo a calcio per strada per altre 3-4 ore. Era difficile all’epoca immaginare che sarei diventato un calciatore professionista perché non è facile in un paese così piccolo riuscire a farsi strada. Ora gioco in uno dei migliori campionati al mondo, sono felice”.
Perché il numero 77? “L’abbiamo scelto io e il mio agente. Anche se lui, Mamuka Jugheli, non lo chiamo mai il mio agente: è più un membro della mia famiglia. Lo conosco da quando aveva 14 anni e scegliamo sempre i numeri di maglia insieme. Il mio numero preferito è il 7, così abbiamo deciso per il 77”.
Cosa fai nel tempo libero? “Non ho molto tempo libero, ma quando capita mi rilasso, chatto con gli amici, leggo qualche libro o guardo un film. La mia serie preferita è Prison Break. La sto guardando anche adesso, per la terza volta, perché mi piace davvero. Di recente ho finito anche l’ultima stagione di Stranger Things”.
La Redazione