Curva Ferrovia – Discriminazione territoriale, però nei cori c’è molto di più
Q ual è il futuro di questa generazione senz’anima, né cuore, persa dentro le piaghe d’un razzismo che s’avverte per un’ora e mezza e che spinge a starsene addolorati, dinnanzi alla brutalità del tempo? E se il calcio è la foto, semmai sporca, della società, o se l’accoglie in quegli stadi che, come il «Picco», fingono di niente, il destino è avvolto terribilmente in nube tossica, dalla quale provare a evadere. Però Spezia-Napoli non è solo calcio, è lo specchio di quest’epoca brulla e arida, infettata dal germe d’una violenza verbale che s’avverte senza soluzione di continuità, è un Vesuvio che viene invocato, è un popolo invitato a usare il sapone, è un coro inquietante, volgare e infamante, che insulta la memoria di Maradona, è un frasario colorito (?) nei confronti di Luciano Spalletti, è uno tsunami per le coscienze limpide, sufficientemente civili che a un certo vorrebbero si sgonfiasse il pallone e si mettesse fine a quello scempio, si decidesse qualcosa, anche la più estrema. È una vergogna.
L’INDIFFERENZA . E invece il calcio ha scelto di voltarsi, certe scene rientrano nelle discriminazione territoriali, ma Spezia-Napoli va ben oltre per 93′, dà libero sfogo al branco e dunque s’arrende ai propri codici di comportamento, a quel vocabolario che diventa fetida colonna sonora quando la curva Ferrovia celebra con un coro macabro la scomparsa di Diego. «Oh mama, mama, mama, oh mama, mama, sai perché mi batte il corazon? È morto Maradona, è morto Maradona, oh, mama, innamorato sono». È un altro pomeriggio perduto dentro un calcio (solo il calcio?) malato, si accavallano le ingiurie, si aspetta che «il Vesuvio erutti», non ci sono limiti all’indecenza, non c’è un fischio – uno solo – che alimenti un dissenso di massa di fronte a uno spettacolo che è inaccettabile dal primo istante all’ultimo battito di ciglia, c’è una partita che va avanti, così, sino alla prossima nota stonata che eleva Spezia-Napoli al poster dell’inadeguatezza non semplicemente di questo mondo rinchiuso in un pallone. Ma il football è un attimo, perché poi ci sarebbe la sensibilità umana, la buona educazione, un rispetto dell’etica che invece va in frantumi, almeno sino alla prossima partita, quando nell’assembramento delle curve ognuno penserà di essere autorizzato a fare scempio mica solo di sé ma pure degli altri, e standosene nella propria zona franca continuerà a inveire, a oltraggiare, a demolire i principi sacri della civiltà. Ci si scandalizzerà per un attimo – un giorno, mica di più – e si resterà aggrappati probabilmente alla retorica di facciata, mentre intanto sta germogliando una società senza valori che il calcio, in questa maledetta irripetibile occasione, ha invece il dovere di cambiare. Anche fuori dagli stadi.
Fonte: CdS