Spalletti, Sarri e Gasperini cancellano quel mondiale

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Sembrava che l’eredità del Mondiale, spalmata sui nostri campi dal gelido vento di gennaio, fosse l’arrocco. Una spinta a chiudersi in un angolo di casa, rischiando poco, per cercare poi di colpire spendendo meno energie possibili. Una versione di calcio prudente e risparmioso, insomma, che ci stava riportando indietro verso l’antico solco italianista, come è solito fare il pendolo del tempo soprattutto quando è in cerca di un rifugio nei momenti di crisi. Erano i giorni dell’Inter che, rimanendo sulla difensiva, era riuscita a silurare il Napoli, nell’unico kappaò della squadra di Spalletti in campionato.

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Molti elogi si cominciavano a spendere attorno alla capacità di soffrire, di “sporcare” le giocate altrui e sulla concretezza di squadre poco attraenti – tipo la Juve di Max Allegri – ma capaci di collezionare successi di misura senza mai incassare un gol. Sbagliavamo. È cambiato tutto. Ci sono altri colori, diverse gradazioni di azzurro. Il gioco coraggioso ed elaborato di Napoli, Lazio e Atalanta adesso comanda in Serie

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A. È questo il nuovo clima che si respira nelle zone alte della classifica. Il calcio offensivo – rapido e totale – diventa lo strumento necessario per controllare il campo e sottomettere l’avversario. Sarà questa la linea di tendenza definitiva? Vedremo. C’è bisogno di conferme, naturalmente, e il match di domani al Maradona, tra l’undici di Spalletti e la squadra di Mourinho, potrà già raccontarci un po’ di cose. Però la sensazione è forte. Persino i malconci bianconeri di Allegri – visti con l’Atalanta – sembra abbiano cominciato ad adeguarsi. Non a caso il Milan, che ha perso il bandolo del suo gioco, rimane al buio e rischia di sprofondare. Nella scorsa stagione i rossoneri di Pioli sono stati la squadra capace di effettuare più dribbling con successo e di arrivare, dunque, felicemente al tiro. Ora è come se avesse perso la memoria e le energie. Tre anni fa dopo una disfatta (0-5) con l’Atalanta, Boban e Maldini avevano invertito la tendenza portando a Milano Ibra e Kjaer. La vecchia proprietà aveva allungato lo sguardo. Invece stavolta, nonostante lo scudetto, Maldini non ha trovato una sponda nel club per muoversi sul mercato di riparazione. D’altra parte c’è sempre qualcosa di sorprendente che sballa le previsioni. Solo pochi mesi fa, nessuno poteva immaginare che il Napoli di Spalletti fosse capace di giocare il suo magnifico calcio con una simile continuità. L’unico esempio analogo, nei campionati top in Europa, viene dall’Arsenal di Arteta, che dopo 19 turni di Premier ha numeri identici: 50 punti, con 16 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta. Di diverso c’è l’impatto europeo: il Napoli se la gioca in Champions (gli tocca l’Eintracht negli ottavi) e può dire una parola importante.

Il più 12 in campionato, rispetto a chi insegue sul traguardo di inverno, non ha precedenti.

Il lavoro di Spalletti sta diventando un format da imitare. Maurizio Sarri, che ha ancora qualche responsabilità sull’attuale stile di gioco del Napoli, segue la scia con la sua Lazio. Una squadra che gioca, si diverte e decolla grazie anche alla mossa di Felipe Anderson schierato da 9, che ricorda molto quella di Mertens nei suoi anni d’oro al San Paolo. Andare all’arrembaggio e giocare divertendosi è di nuovo il mantra dell’Atalanta di Gasperini.

La Dea non brilla solo con Hojlund e Lookman: appare poderosamente lanciata verso il territorio delle prime quattro. È il momento degli allenatori in tuta, quelli che anche la domenica vestono casual.

Del resto, Klopp e Guardiola sono disegnati così. Gli altri belli griffati, quelli in perenne camicia bianca e completo blu, rischiano di apparire fuori moda o di sembrare residuali.

Fonte: Gazzetta

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