A. Barbano (Cds): “Compiti per le vacanze. La leadership non è un titolo, ma un compito”

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Il commento di A. Barbano sul cds:

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“La perfezione è una corsa sul confine della bellezza e del coraggio. Ma, appena un passo oltre l’acme, c’è il precipizio. Il Napoli che chiude un trimestre da record, e fa il vuoto attorno a sé prima della pausa del Mondiale, lo ha compreso ieri in dodici minuti di autentico batticuore. Dopo aver steso l’Udinese con tre gol da leggenda, e averne fallito un quarto e un quinto, ha toccato con mano quanto, oltre quel sottilissimo confine sensoriale, la bellezza e il coraggio possano voltarsi in mollezza e in azzardo. Una lezione su cui sarà bene riflettere nei cinquanta giorni di sabbatico che il flop della Nazionale di Mancini concede ai club. Perché chi aspira a vincere tutto non può distrarsi mai. E dopo diciotto vittorie, due pareggi e una sola sconfitta (ininfluente) a Liverpool tra campionato e Champions, l’aspettativa del successo è diventata una responsabilità. Di più, un imperativo.

 

La perfezione non è un privilegio, ma un fardello. La leadership non è un titolo, ma un compito. Questo dirà Spalletti ai suoi ragazzi, commentando le immagini di Napoli-Udinese, prima di congedarli per due settimane di riposo. Con tutti gli elogi del caso, intendiamoci. Perché, prima del black-out finale, ci sono 78 minuti di sublime egemonia, nella quale la maestria di un tecnico visionario ha incastonato il valore del capitale umano, una invidiabile condizione atletica, un’organizzazione tattica mai scontata e più spesso originale, e uno spirito di gruppo solidale. Questo è il Napoli che chiude a quarantuno punti il Duemilaventidue italiano, lasciando sul campo solo due pareggi. 
La sua espressione più nitida è il gol di Elmas, assai più dello stesso capolavoro balistico del raddoppio di Zielinski. Anzitutto perché il polacco è un fuoriclasse e il macedone una promessa. E se una promessa gioca da fuoriclasse, vuol dire che la squadra intera ha una riserva di qualità supplementare spendibile in qualunque momento. E poi perché la dinamica dell’azione mostra tutto intero il livello di sofisticatezza di cui il Napoli dispone in fase offensiva: imbeccato da un felice corridoio di Anguissa, Elmas affonda in verticale e con una finta lascia di sasso Bijol, poi accarezza il pallone dall’alto, lo trascina in avanti con la suola della scarpa per nasconderne la visione a Silvestri in uscita, e trafigge il portiere sul primo palo con un calcio sferrato senza caricare la gamba, per giocare d’anticipo sui riflessi. Questo prodigio estetico suggella tre quarti di gara spettacolari, in cui il Napoli danza, per l’appunto, sull’acme della bellezza e del coraggio. Poi, quasi ebbro e straniato di ciò che esso stesso ha prodotto, si rilassa e scopre quanto costi psicologicamente un’egemonia. Perché nello spazio di tre minuti l’Udinese segna due volte e il fantasma di un pareggio si mostra agli azzurri con tutta la sua venefica attitudine a sporcare il miracolo. 
Un pari dopo dieci vittorie non dovrebbe essere una tragedia. Ma un pari prima di due mesi di pausa porterebbe un carico di incertezza e di ansietà con cui il Napoli proprio non si attende di fare i conti. Perciò quei dodici minuti che mancano, dal secondo gol di Samardzic alla scadenza del recupero, sono una prova di gestione della paura, che il Napoli dovrà in questi giorni studiare a iosa, discutere in una sorta di seduta psicanalitica di gruppo, e prepararsi a risolvere meglio di quanto abbia fatto ieri al Maradona. Sono i compiti per le vacanze. Chi s’illuda che i primi della classe ne siano sottratti, sbaglia di grosso. E a convincerlo dell’errore, c’è da giurarci, ci penserà il maestro Spalletti. 

Fonte: CdS

 

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