W. Sabatini al Cds: “Il Napoli? Due i fattori che la rendono un cocktail vincente. Io voto Kvara”
L'ex dirigente di Roma e Salernitana su tutti parla anche della sfida dell'Olimpico
Il rischio va corso: perché dall’Inter al Milan, dal Napoli al Bologna, dalla Samp alla Salernitana, dalle Alpi sino al Salento, c’è sempre e comunque qualcosa che riconduca a Walter Sabatini. E in questo viaggio narrante, mentre sta per cominciare Roma-Napoli, di là il passato e di qua un fratellino, è complesso starsene distanti da un sentimento vivo. «Ma sarò me stesso, come sempre». Il calcio visto dal divano è tormento esistenziale, una cicatrice dell’anima da soffocare divorando libri non ricordi: però basta buttare virtualmente un pallone nel soggiorno, per cominciare a sentire di nuovo palpitare un uomo che sa di tutto, come se fosse un’Enciclopedia vivente.
L’immagine che Walter Sabatini se ne stia sprofondato in poltrona a guardare calcio in tv è fastidiosa, anche irritante. «Pensa per me. Sapessi come mi girano. Io sono incazzato sul serio, perché star fuori non mi sembra giusto. Non mi ritrovo nel ruolo di spettatore, non ne sono capace».
Dopo aver realizzato uno dei capolavori del calcio contemporaneo (e non solo)… «L’ho fatto per la città di Salerno, che mi ama ed è ricambiata. Quando tornerà la primavera ce ne andremo a mangiare un pescetto in riva al mare, metterò pure i piedi in acqua come i bambini, e ti racconterò».
Solo un folle-visionario poteva salvare quella Salernitana, rivoltandola a gennaio come un calzino e poi dandole vita con una rimonta irrealizzabile. Vi diede una mano il Cagliari, all’ultima, ma ci metteste del vostro. «Folle e visionario mi piacciono, si addicono alla mia natura. E’ stato un gran bel viaggio e io avverto ancora l’affetto della gente. Il resto, amarezza inclusa per l’epilogo, l’ho accantonato e non ne parlo».
Arrabbiato (eufemismo) anche perché oggi, come avrebbe detto Pizzul, è tutto molto bello. «Un campionato esageratamente intrigante, con lotte che s’annunciano per lo scudetto, per la Champions, per la salvezza. Non ci si potrà annoiare, dentro uno spettacolo che va crescendo e che azzera la narrazione del passato sul nostro calcio ritenuto antico e superato».
Ma siamo finiti in un tunnel e il Mondiale che osserveremo da lontano ci lascerà ancora lì dentro. «Però è cresciuto il valore storico della serie A, che viene ripristinato adesso, da questa stagione ricca ed entusiasmante. Le Cassandre ammutoliranno».
Non c’è squadra, o quasi, nella quale non ci sia legame con Sabatini. «E se questo lo dici per farmi sentire vecchio, hai colpito nel segno. Ma io sono un falso vecchio, sappilo».
Che s’emoziona mentre si gode il Napoli. «Una squadra europea da considerare tra le più forti. Il cocktail tra ciò che ha fatto quell’allenatore stellare che si chiama Spalletti e quello che ha saputo fare una società coraggiosa come poche».
Spalletti è il tuo fratello minore. «E gli posso dire di tutto. Io mentre mi gusto il Napoli me ne sto in religioso silenzio. Fateci caso: si esprimono come se fossero in ipnosi, indotta dal proprio allenatore che ne decuplica il rendimento. Mario Rui, che presi alla Roma e che purtroppo si fece male subito, è divenuto il riferimento per ferocia, determinazione, eleganza nel crossare e personalità. Tutto ciò, tutto questo spettacolo che ci viene regalato, l’ha generato quel pazzo furioso che sta in panchina».
Si può dire, usando un paradosso, un “sottovalutato”? «Si deve. Perché Luciano è nato bravo, anzi bravissimo. Le sue conoscenze didattiche sono impressionanti. Può aggiungere poco, quasi nulla: il Napoli ha la precisione del primo orologio inventato in Svizzera. Ogni giocata è un movimento, con e senza palla, dinamiche moderne da trent’anni, da quando sta in panchina. Lui cambiò la Roma, lui ha portato l’Inter dove volevano, in Champions».
Lui e Mourinho, domenica. «Ecco un altro che fa dipendere il proprio club da se stesso. Perché non so cosa sarebbe la Roma senza Mou. Ha un calcio diverso, chiamiamolo freddo, cinico, tutti quegli aggettivi che mi fanno anche un po’ schifo perché sanno di niente, ma è quarto e dunque è da scudetto: chi arriva là, se la gioca fino alla fine. E gli mancano Dybala e Wijnaldum, che recupererà. Ha il vegano, Smalling, che è irrinunciabile, va a strozzare le linee, ad aggredire il probabile rifinitore, a stracciare gli avversari e poi, se gli capita, fa pure gol. C’è il segno di Mou pure in questo».
Ma il giocatore che ti piace di più è Kvara. «Non ho mai conosciuto l’invidia, tranne ora che ho scoperto questo ragazzo. Giuntoli è stato un fenomeno, da applausi, perché questa è un’opera d’arte. La gestione del mercato è una lezione per tutti, vanno fatti i complimenti anche ad AdL: hanno rivoluzionato, si sono liberati – mi verrebbe da dire con poca eleganza facendo pulizia – di un gruppo che ormai aveva dato tutto ed hanno pure tagliato i costi e fatto lievitare il tasso tecnico. Poi hanno affidato tutto a quel gran genio di Luciano e via».
Kvara o Leao, per Sabatini? «Leao ti fa a pezzi, porca miseria. Ma il georgiano è cattivo, determinante, di impatto. Io voto per Kvara. Mi dica Cristiano come ha fatto a pescarlo? Come?».
Il Milan è un altro esempio ma Sabatini, parlandone, deve spogliarsi dei panni del «papà» di Massara.
«E allora sto zitto. Non si può ignorare ciò che ha fatto lui, con Maldini. La gente dimentica, ma sono stati capaci di resistere, di superare l’effetto Rangnick – che ormai era stato ingaggiato – e stringendo i denti, mostrando le competenze, hanno evitato di ritrovarsi fuori. Perché loro erano saltati per aria, eh. Invece: rifatto il Milan, che ha vinto lo scudetto e continua ad essere protagonista. Come vuoi che taccia su Massara?».
L’Inter cerca padroni: disse Sabatini una volta, «il più grande errore della mia vita». «Ma questa è acqua passata. Il problema adesso è più serio e non me lo sarei mai aspettato, nonostante qualche segnale, anche perché Zhang è generoso. Ma alla squadra arriveranno deboli riverberi, Beppe Marotta, che qualche chilometro l’ha fatto, ha un ombrello o insonorizzerà le pareti di Appiano Gentile e ai calciatori finirà per interessare degli allenamenti e delle partite. Si stanno riprendendo, dopo un periodaccio che è fisiologico».
Stanno tornando, più o meno, le sette sorelle… «La Lazio ha Sarri, al quale ho già detto al telefono di curarsi la polmonite. L’ho ripetuto anche a Juric, perché io so cosa vuol dire dover fronteggiare un guaio del genere. Ma Sarri è matto, nel senso buono, e poi ha calcio in testa. Mentre i tifosi si stanno dilaniando per l’infortunio di Immobile, e li capisco, lui starà studiando».
Si inventerà un nuovo Mertens. «E ti pare che uno del genere possa lasciarsi impressionare da un accidente del genere? A Napoli perse Milik, non ne aveva altri, era nel pieno della stagione, se ne era andato il Pipita da poco. Ora non so cosa gli passi per il cervello, ma mi aspetto un colpo di teatro. Maurizio è fighissimo, io gli dico che è suonato, ma si applica e ti fa divertire. Facci caso, vengono tutti da lì, Granducato di Toscana».
Come Allegri, anche se lui è di riviera e gli altri sono da bosco. «La garanzia della Juventus è Max. La riprenderà. Non capisco per indirizzarla dove, ma lui ha dentro le conoscenze. Il resto lo fa la tradizione, l’idea che la Juve ha di se stessa, Andrea Agnelli, il management. Ma Allegri dalle difficoltà saprà uscirne».
Nel mondo di Sabatini, Bologna è epicentro di emozioni. «A Napoli, Thiago Motta ha confermato la bontà della struttura, hanno fatto bene contro dei mostri. Ma Bologna mi spinge a parlare di Sinisa».
Nessuno lo vieta, anzi. «E’ un grande allenatore che recentemente è stato raccontato solo per la malattia, mentre lui ha lasciato un patrimonio tecnico sul quale Thiago Motta lavorerà. Mihajlovic ha sensibilità, ha passato, ha futuro, ha conoscenze e invece per giorni, settimane e mesi la narrazione è rimasta confinata dentro altre considerazioni. Il suo spessore tecnico è finito ai margini, mentre quello doveva essere fulcro della riflessioni».
A proposito di rivoluzionari, nella categoria va inserito obbligatoriamente – se Sabatini è d’accordo – Gian Piero Gasperini, la sua Atalanta, il suo calcio. «Gasp è nell’Olimpo ed è importante che non faccia irritare gli Dei. E’ uno dei pochi, a pensarci bene, con cui non ho avuto modo di lavorare, ma questo è un dettaglio che fregherà poco ai lettori. La sua Atalanta si è presa rischi enormi, ha stravolto, ha perduto nel tempo riferimenti importanti, è in fase di mutamento, e però sta lì, tra le grandi, perché ha un allenatore che sa spargere innovazione».
Diceva: sarà battaglia ovunque… «Visto Lecce-Fiorentina? Per un tempo Baroni ha inchiodato una formazione chiaramente più forte, superiore sotto vari aspetti. Le distanze sono state ridotte dai sistemi di allenamento, c’è chi ha possibilità di lavorare la settimana piena e chi no, c’è chi infila qualcosa di proprio, ci sono uomini emergenti e che studiano. Sarà una stagione bella dalla testa ai piedi».
Senza fumo negli occhi… A proposito, come va con le sigarette? «Ho queste cose finte che mi servono per la vita sociale. Che ci posso fare? Sennò come inganno il tempo? L’agenda è piena di appuntamenti ma la settimana di chi fa calcio è scandita da altro, dalle tensioni, dallo stress, dalla curiosità, dalla passione, dalla gente, dalla squadra, dai presidenti con i quali confrontarsi. Sabatini eternamente in salotto è vergognoso, dài…».
Fonte: CdS