Spalletti e De Laurentiis, polemiche anche dopo le vittorie

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Mordersi la lingua? Macché, avete sbagliato allenatore. Non ci pensa affatto, nel suo dna non c’è traccia. E pure se questo comporta l’idea di chissà quali incomprensioni con De Laurentiis, lui non riuscirà mai a frenare, a trattenersi. Benvenuti nel mondo di Luciano Spalletti, l’uomo che siede sulla panchina del Napoli, che lo ha riportato in Champions dopo due anni e che adesso dopo sei giornate ha di nuovo sistemato in cima alla classifica della serie A. Certo, il giochino dei cambi è qualcosa non di inedito che dimostra come il tecnico abbia un senso particolare per le rivincite. Ma è un tema che deve stargli davvero sullo stomaco se non esita a ripeterlo: è vero, De Laurentiis è lì che chiede e chiama per avere notizie su chi gioca e chi no, perché gioca questo e non quello. È il prezzo da pagare per avere una proprietà tutta italiana: figurarsi se un fondo americano o arabo si sarebbe preoccupato se a giocare è Ndombele o Lobotka. De Laurentiis è fatto così: due ritiri estivi, a Dimaro e Castel di Sangro, trascorsi praticamente ogni istante con la squadra.Già a volte i suoi discorsi sono torrenziali e inafferrabili, figurarsi i sobbalzi dell’anima. Ma della storia delle sostituzioni, del turn over e così via ne ha già parlato ad aprile, Spalletti, lasciando intendere che non gradiva.

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Dopo l’1-1 ammise: «Il presidente mi brontola sempre perché sostituisco troppo tardi o perché cambio chi non dovevo… Con i cambi ognuno vede quel che vuole». È ritornato sulla questione anche dopo la vittoria con lo Spezia: «Succede solo qui: perché gioca lui, perché non quest’altro…», ha aggiunto. Eppure, non lasciatevi ingannare: dietro l’apparente tensione e una facciata da uomo pieno di tormenti, c’è un allenatore assolutamente sereno, tranquillo e che condivide con il presidente molti passaggi del percorso iniziato a maggio del 2021. Nel progetto Napoli, Spalletti è l’uomo-chiave. Per scelta sua e per scelta di De Laurentiis. Ovvio, non si fa passare la mosca sotto al naso. L’impressione che quello che gli è rimasto sullo stomaco sono le critiche per il turn over con il Lecce (evidente, pure il patron ha trovato il modo di parlare di questa cosa). Ma in generale, lo Spalletti napoletano mostra una dote che certo non fa sempre bene: si lega le cose al dito. Non è un caso che non ha perso neppure l’occasione, appena ha potuto, per sottolineare le critiche per Napoli-Barcellona 2-4 di otto mesi fa. «Abbiamo giocato come con il Liverpool, solo abbiamo perso». E non è per caso perché Spalletti è un perfezionista della parola, non gli sfuggirà mai qualcosa che non pensava di voler dire. Come quando ricorda come il terzo posto dell’anno scorso sia stato un grande traguardo. Gli pesa che non sia stato esaltato. O meglio, non sia stato esaltato come lui avrebbe fatto.Inutile pensare che dietro le facce storte e gli occhi che alza al cielo (ma sono molto di più i sorrisi e le carezze) si nascondano decisioni sul suo futuro: De Laurentiis e Spalletti prima o poi dovranno affrontare il discorso rinnovo. Nessuno ha fretta di farlo, anche perché De Laurentiis ha l’opzione per il terzo anno. Ovviamente, non la eserciterà in maniera unilaterale, nel senso che è impensabile che lo faccia senza prima parlare con Spalletti e avere il suo via libera.

Che sul tema è vago: «Da adesso in poi, avrò solo contratti di un anno». Per quello che ha fatto fino ad ora, terzo posto, ritorno in Champions e una partenza a razzo in questo anno zero (ma quanto ha già rivalutato la rosa in meno di un mese e mezzo di lavoro?) bisognerebbe già mettersi all’opera per blindarlo. C’è tempo. L’impressione è che sarà la pausa per i Mondiali il momento per cominciare a capirlo. La sensazione è che De Laurentiis chiederà pure i motivi dei cambi, ma che difficilmente se lo lascerà andare via. P. Taormina (Il Mattino)

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