De Angelis allenò Simeone esordiente: “Gli insegnai a fare il centravanti”

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Una sua intuizione lo fece diventare il centravanti che è oggi. Ricardo De Angelis, allenatore di Giovanni Simeone nelle giovanili del River, ne esalta l’arrivo al Napoli.

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A che età scoprì Simeone junior?
«Lui doveva avere tra i 12 a i 13 anni, e sulle spalle un cognome pesante. Me lo avevano portato in prova come centrocampista centrale, ma dopo un po’ mi resi conto che nel posizionamento difensivo non eccelleva. Ne risaltai, però, la facilità nell’andare in gol e nel colpo di testa. E così, un giorno, lo presi in disparte e gli dissi: Ti insegnerò i movimenti del centravanti».
Come la prese Giovanni?
«Se c’è qualcosa che sempre lo ha caratterizzato, è che sa ascoltare. La sua umiltà è assoluta, è naturalmente disposto a imparare e guarda sempre avanti a sé. Ed è da tempo che si è consolidato come centravanti».
La sua intuizione si è rivelata felice.
«Il merito è soprattutto suo. Giovanni è un calciatore abile ma low profile, che ha sempre lavorato con entusiasmo. Ricordo che a 13 anni lo portai con me in in prova in Brasile come 25esimo elemento della rosa della novena’ del River, la categoria della sua età. Era un’occasione importante per lui».
Era un ragazzino.
«Ma mi sorprese tanto per la sua maturità e per il suo altruismo. Ricordo che venne con una Playstation e faceva giocare tutti. E visto che, grazie alla famiglia, aveva una serie di scarpini buoni in più, mi diceva di darli ai compagni che ne avevano più bisogno. Ma non voleva far sapere che era stato lui il donante. È sempre stato molto umile e affabile, ma in campo dava tutto».
Quali furono i primi risultati del Cholito appena schierato centravanti?
«Proprio in quel torneo di categoria in Brasile segnò un gol nella semifinale contro l’Internacional de Porto Alegre. E da quel momento lo prendemmo stabilmente in squadra. Poi mi contattò suo padre Diego».
Che le chiese?
«Se aveva futuro come goleador. Gli risposi che impegnandosi al massimo e mettendoci la giusta passione avrebbe fatto benissimo. Ed eccolo qui, adesso è al Napoli, e io sono felicissimo per lui, un ragazzo d’oro. Ogni volta che si ricorda di me mi emoziono tantissimo».
Nonostante non sia altissimo ha dimostrato di saper essere un centravanti importante.
«Non bisogna essere altissimi per essere degli ottimi centravanti. Di lui mi ha sempre colpito l’elevazione, visto che può saltare a 50 cm da terra, ma anche e soprattutto la capacità di colpire di testa con gli occhi aperti, una dote rara. Se ci fai caso, la maggior parte dei calciatori colpisce di testa chiudendo gli occhi, ma lui no».
Al Napoli, a 27 anni, è stata la prima grande sfida della sua carriera, per giunta in Champions League
«Arriva in una grandissima squadra, ma ero sicuro che avrebbe affrontato alla grande questa sfida. Casualmente ho parlato di lui qualche giorno fa con José Alberti, che portò Maradona a Napoli. Sono sicuro che la maglia non gli peserà, così come non gli è pesato un cognome così importante».
In punta nell’attacco del Napoli, però, c’è un intoccabile come Victor Osimhen.
«Ma Gio può giocare insieme a lui. Li vedo compatibili, anche perché lui sa adattarsi ai compagni di reparto. Non è un calciatore che dribbla tre avversari, ma i movimenti da attaccante li ha nel sangue. Per non parlare della definizione sotto porta. In un’intervista ricordò che i movimenti da centravanti glieli avevo insegnati io, rendendomi molto orgoglioso». Fonte: Il Mattino
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