Luciano Spalletti: “Scudetto? Mi ero ingolosito, ma non parliamo di fallimento”
Il tecnico di Certaldo parla anche del suo futuro sulla panchina azzurra
Dove prima c’era un sogno, adesso s’avverte (quasi) un incubo: eppure, appena un anno fa, tra le macerie, s’avvertiva altro, il senso del disagio, d’una catastrofe calcistica capace di radere ogni emozione. In quindici giorni, o semmai in quattrocento secondi e passa, la possibilità di qualificarsi in Champions, dopo due stagioni vissute alla periferia di questo universo dorato, s’è trasformata in una normalità che adesso raccontano probabilmente gli occhi di Luciano Spalletti. Gli allenatori sono uomini soli, abbandonati ad un destino mai seriamente decodificabile, c’è una sottile frontiera – che però diventa mobile ad uso e consumo d’ognuno – a separare con onestà intellettuale un successo da un presunto «capitombolo»: e Spalletti, che sfila a bordo campo da una vita, se n’era accorto in epoca non sospetta, proprio prima che iniziasse Napoli-Fiorentina. «Non vorrei che qualcuno possa pensare, nel caso non riuscissimo a vincere il campionato, che si parlasse di fallimento».
SPALLETTI. I sette minuti che hanno cambiato l’umore, ma anche la Storia, sono lì, ad avvolgere una vigilia stranissima, dentro la quale ci finisce di tutto, soprattutto la settimana contorta cominciata intorno alle 16.45 di domenica scorsa ad Empoli, attraversata da una sequela di tweet, vissuta in ritiro anzi no a cena, e adesso da attrezzare psicologicamente, perché è chiaro che ci vorrà un segnale contro il Sassuolo.
«Ma le certezze di questa settimana sono quelle tracciate dal presidente. Spesso si racconta di lui come un caterpillar, ma ha dimostrato sensibilità, ha riunito tutte le componenti del Napoli per rinforzare quel corpo unico che ci ha dato soddisfazioni nel corso della stagione. Si riparte da questo gruppo compatto, forte e unito che vuole raggiungere l’obiettivo di inizio stagione che è la Champions. È chiaro che non sono contento per la sconfitta di domenica e per l’atteggiamento della squadra. Ma qui nessuno è soddisfatto, neanche i ragazzi. Ma….».
In quest’ingradimento delle due settimane più tormentate della stagione, ci sono finite solo Fiorentina, Roma ed Empoli, come se il passatoi non fosse esistito, come se non ci fosse mai stata la gioia un (gran) bel calcio, la capacità di ricostruire dalle macerie:
«Bisogna fare zoom in o zoom out e rivedere il nostro percorso. Eravamo stati bravi a regalarci una chance importante ma non lo siamo stati altrettanto a sfruttarla. È un dispiacere che abbiamo tutti. La squadra in alcuni momenti aveva fatto vedere di giocare un calcio fantastico e di avere reazioni altrettanto importanti dopo le sconfitte. La delusione di non aver partecipato fino alla fine ci resta e dispiace molto anche per i nostri sportivi che ci hanno sempre sostenuto fino ad Empoli, dov’erano in 4mila».
Ce ne saranno almeno ventimila contro il Sassuolo, la quart’ultima tappa di un campionato nel quale c’è ancora da regalarsi la Champions, i 50 milioni di euro e una dimensione tra le nobili d’Europa, che Spalletti vorrà vivere da protagonista:
«Il mio futuro è questa gara qua, ovvio. E poi le altre tre. Ma in prospettiva, se è questo che volete sapere, il mio futuro è a Napoli. Io voglio rimanere a fare l’allenatore del Napoli, ho firmato un contratto di due anni, mi sento benissimo in questa posizione e in questo ruolo».
In quella Champions che Napoli aveva dimenticato, l’aveva lasciata lì, soffocata comprensibilmente sotto un drappo verdebiancoerosso, che invece s’è strappato: ma anche questa è vita, a pensarci bene. «Quando eravamo primi o in corsa per il titolo, era il momento di parlare d’altro. Ora è il momento di pensare alla Champions. E bisogna essere attenti, perché il Sassuolo gioca bene. Sarà una gara difficile ma c’è la possibilità di qualificarci e di salire sul pullman che porta al trofeo più bello al Mondo».
Fonte: A. Giordano (CdS)