Luciano Spalletti: “Il Napoli se non reagisce vuol dire che sono io il responsabile”

Il tecnico del Napoli ammette che ora il traguardo è la Champions

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Luciano Spalletti non si è mai nascosto e non lo fa neanche dopo una sconfitta che ha i contorni del naufragio:

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«Prendo atto di quello che è accaduto: l’allenatore ha molta responsabilità sull’intensità, l’attenzione e l’atteggiamento tecnico e mentale, e quindi devo pagare io le conseguenze di quello che fa la squadra. Il responsabile della squadra sono io».

Chiaro e tondo. E senza citare gli errori individuali di Meret, Malcuit e compagni che hanno trasformato una rincorsa scudetto in una missione Champions.

«Il sogno scudetto è finito sicuramente, lo dicono i numeri».

Il futuro, invece, è tutto da interpretare: «Intanto dobbiamo ancora conquistare punti per la Champions: pensiamo alla prossima partita e poi si vedrà. Sono valutazioni che andranno fatte dopo».  

FRAGILITA‘.

E allora, addio scudetto: Spalletti lo saluta e il mare di Napoli si riempie di rimpianti.

«Era un sogno coltivato, un’opportunità che avevamo creato con il lavoro e il sacrificio, ma gli avversari sono stati più bravi di noi».

Come l’Empoli, ieri: «Era difficile immaginare un finale di questo genere, mi sorprende e bisogna parlarne: sono partite in cui gli avversari continuano a lottare con l’intensità giusta, mentre nel finale abbiamo perso attenzione. Nel calcio succede: se non hai un carattere forte, possono esserci episodi che cambiano la partita. Abbiamo sbagliato il 3-0 ma stavamo già abbassando la nostra qualità: se accade è responsabilità dell’allenatore, perché è lui che valuta durante la settimana. Dentro un atteggiamento di leggerezza subentra anche il timore, e il resto lo fanno gli avversari. L’Empoli non vinceva da tempo».

Dal 12 dicembre con il Napoli al Maradona, per la precisione.

LA RESPONSABILITA’.

E ancora: «Ho molta responsabilità anche sui tre gol subiti, certo, perché poi se la squadra non sa reagire… Dovremmo avere un atteggiamento consolidato in ogni momento, altrimenti è segno che ho trasferito male il mio lavoro ai calciatori. Noi dobbiamo lottare per lo scudetto, com’è stato detto più volte sia da me sia da altri, ma se il livello è questo non posso non essere chiamato in causa».

Poi, riferimento ai cambi di Mertens e Insigne: «Ho pensato di mettere un centrocampista in più perché stavamo perdendo qualcosa. E comunque, c’è stato un periodo in cui mi chiedevate di togliere Insigne perché aveva firmato con un altro club e invece io l’ho tenuto sempre. E quando il presidente mi ha chiesto un parere su Mertens, gli ho detto che è un giocatore che si può confermare».

Già, il futuro: «Il futuro è la prossima partita. Volevo rimanere da mia mamma, ma dopo una gara del genere torno indietro con la squadra perché bisogna sentirsi addosso le responsabilità: un gruppo ritenuto da tutti in grado di lottare per lo scudetto non può fare dieci minuti del genere. Se vengono fuori queste prestazioni è segno che ho sbagliato qualcosa nel lavoro. Non può esserci questo divario». 

Fonte: F. Mandarini (CdS)

 

 

 

 

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