Ciro Ferrara al Cds: “Lotta scudetto? I tifosi resteranno con il fiato sospeso fino alla fine”

0

Un uomo ch’è nato a Napoli, dove ha il cuore, che ha residenza Torino, e che nel suo girovagare, da opinionista, sta «di casa» a Milano, può avere un senso geografico di questo calcio italiano e aiutarti a decifrarlo. E quell’uomo che nella sua vita da calciatore ha vinto sette scudetti (e uno gli è stato revocato), due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa Uefa, una Champions League, una Intercontinentale e una Supercoppa Uefa, e in quella da allenatore ci ha aggiunto un Mondiale al fianco di Marcello Lippi, ha un orientamento tecnico – diciamo così – per provare a uscire da questo labirinto nel quale il campionato si ritrova a trentanove giorni dalla conclusione. Un uomo che si chiama Ciro Ferrara, un diplomatico con il tackle incorporato nel linguaggio, è un compagno d’avventura per provare a decodificare quest’indecifrabile rotta per la Storia. 

 

Factory della Comunicazione

 Ferrara, che succede? «Qualcosa di straordinariamente insolito: si stanno giocando lo scudetto in tre, come non accadeva da secoli, verrebbe da dire. Una stagione unica che, stranamente, e non lo dico per andare controcorrente, fa un po’ storcere il muso, mentre invece ci sarebbe da cogliere questa diversità e andrebbe gustato l’equilibrio. Per me è un anno accattivante».

Chiederle chi vincerà sembrerebbe provocatorio. «E non me lo chieda, perché non saprei cosa dirle. Cambiamo parere ogni settimana: alla vigilia della gara con la Juventus, sull’Inter si allungavano ombre a dir poco inquietanti; prima della sfida con il Bologna, il Milan pareva favoritissimo e ora ci si interroga; e solo domenica mattina, al Napoli veniva accreditato un vantaggio che la sconfitta con la Fiorentina sembra abbia azzerato. La verità, ammesso ce ne sia una sola, è che ci divertiremo: i tifosi resteranno con il fiato sospeso e chi si proclamerà campione d’Italia lo farà per un punto o forse due».
 
E chiunque avrà qualcosa da rimpiangere. «Dimenticando che pure le altre, volendo, avrebbero motivi per prendersela con il caso o con il destino. Il calcio lo ha inventato il diavolo, se mi passate questa auto-citazione: siamo i campioni d’Europa, dopo una torneo meraviglioso che Mancini e i suoi ragazzi hanno conquistato attraverso il bel gioco, e non andremo ai Mondiali. Da non credere, eppure è successo».

È un problema di sistema, di organizzazione... «E di sorte o di fasi o di momenti. Noi siamo quelli che a luglio scorso hanno esaltato l’Italia: forse quel successo ha nascosto o accantonato i problemi che pure già esistevano, ma in sette mesi non può esserci stata la deriva. È andata così, punto. E questo è un discorso che va allargato, riguarda chiunque, da chi insegue la gloria a chi deve evitare le fiamme dell’inferno della retrocessione».

Milan, poi Inter e Napoli: se il calendario ha un senso… «Non sta scritto da nessuna parte che l’Inter vincerà il recupero di Bologna: certo, è favorito sulla carta, ma lo era anche il Milan con lo Spezia o il Napoli con l’Empoli. Simone Inzaghi stava vincendo il derby a un quarto d’ora dalla fine – sulla carta persino turno casalingo – e invece l’ha incredibilmente perso e poi si è ritrovato infilato in una serie negativa. Di cosa parliamo, mi verrebbe da dire? Questa incertezza fa bene. La Juventus è stata la padrona per nove anni; Conte, nella passata stagione s’è imposto con una dozzina di punti di vantaggio: ora ci sono tre grandi club che stanno lì a strattonarsi».

Insiste su un concetto: sono tre e non quattro. «La Juventus deve fare qualcosa che possa somigliare a un miracolo, perché dovrebbe rimontare su Inter, Napoli e Milan. Una può scivolare; ci sta pure che se ne blocchi un’altra; ma una forma di auto-distruzione di massa mi sembra fuori dalla logica. Il ritardo accumulato in partenza, quando le altre infilavano vittorie, è diventato incolmabile: eppure, pensiamoci, avesse battuto l’Inter… Ma l’ha persa e non ha troppo senso soffermarsi su un’analisi che sarebbe solo retorica. Infatti, Allegri non lo fa: guarda avanti, con la consapevolezza di chi sa che ormai deve blindare la qualificazione in Champions». 


Pioli, Inzaghi e Spalletti, in ordine di classifica: chi lo meriterebbe di più? «Io lo darei a tutti e tre, per quello che hanno fatto. Inzaghi e Spalletti sono al loro primo anno nelle rispettive società, però Pioli sta lavorando benissimo. Spero che, quando finirà, non si parli, per chi finirà secondo e terzo, di fallimento, anche se so come vanno le cose. Non è vero che ha ragione solo chi vince, perché mai come adesso la differenza sarà minima e verrà fuori semmai da un dettaglio inspiegabile. Il virus c’è stato per tutti, le Nazionali hanno sottratto energia alla parti, gli infortuni non hanno risparmiato nessuno: sarebbe ingiusto catalogare in maniera brutale – fallimento – una stagione così piena». 

La squadra che l‘attira davanti al televisore e le fa dire: non posso rinunciare a questa partita? «L’Atalanta, che è la più Europea delle nostre, e che però ha perso, nel tempo una serie di calciatori importantissimi. È scivolata in classifica, ma si gioca la semifinale con il Lipsia. E il calcio di Gasperini, nella sua organizzazione e per la sua intensità, mi piace. O anche la Fiorentina, che a Napoli mi ha conquistato. Impressiona la qualità del gioco e la forza, c’è il lavoro di Italiano che si vede. Però anche il Sassuolo di Dionisi ha un suo perché: è piacevole, interpreta un progetto». 

In tv, su Dazn, ha colpito un suo siparietto con Mourinho. «C’è stima reciproca e certi gesti restano. Quando fui esonerato alla Juventus, mi telefonò, usò parole giuste per dimostrarmi il suo affetto in un quelle ore difficili. Apprezzai l’uomo e l’allenatore». 

Che a Roma le sta piacendo. «E non per ciò che ho appena detto. C’è qualcuno che – per fortuna raramente – lo mette in discussione: ma resto stupito. Cosa avrebbe dovuto fare? Sta avviando un ciclo, insegue la Conference, è quinto – dietro le Grandi annunciate, dalle quali per i motivi sottolineati è uscita l’Atalanta – è avanti, secondo me, alle scadenze e alle aspettative che un club si pone. E poi, vogliamo metterci anche il carisma che continua a mostrare; e la capacità di dominare le situazioni più difficili?». 

Con Mou ci fu dell’altro.  «Andai alla Samp e avevo visto, quando ero all’Under 21, Varane, che al Real giocava poco, era ancora diciannovenne. Chiamai José, glielo chiesi, gli dissi che con me sarebbe stato titolare fisso e lui fu quello di sempre: grazie, Ciro, ma non si può, gliela do io la maglia. È andata come si poteva immaginare». 

C’è un uomo, in questo finale, che può spostare i valori? «Io ne ho conosciuto uno solo e potete immaginarvi a chi mi riferisca. Poi fenomeni che possano incidere in maniera netta non se ne vedono. Ci sono calciatori bravissimi, e tanti, ma la chimica della squadra avrà il sopravvento».

Insigne, Dybala e Kessié non hanno rinnovato: è un’indicazione pure questa. «Le società hanno preso coscienza delle difficoltà oggettive e il talento può essere sacrificato dinnanzi a costi che possono diventare insopportabili. C’è stato chi in passato si è spinto oltre la soglia delle proprie possibilità o chi invece è rimasto oculato: ora tutti, realisticamente, hanno compreso, evidentemente, ch’è impossibile spremere i bilanci e lascia che anche giocatori di spessore vadano via a parametro zero. È il segno dei tempi».

Fonte: A. Giordano (Cds)

 

 

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.