Quella di stasera rischia di diventare l’ultima apparizione europea di Insigne

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Il commento di A. Giordano sul CDS sulla sfida di questa sera al “Maradona” e su una delle ultime grandi sfide del capitano del Napoli:

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In quel viaggio virtuale, però romantico e anche malinconico, che dalla Sagrada Familia trascina sino al Maschio Angioino, c’è un’ombra che s’allunga nell’atmosfera magica e dolente di un’altra serata favolosa: ed in questa bolla che idealmente, e pure plasticamente, collega Napoli a Barcellona, non c’è retorica né enfasi nel sospettare che il calcio – magari per un attimo che duri un’ora e mezza almeno – finisca legittimamente per posare lo sguardo al cielo, abbandonandosi al ricordo tenero e però pure struggente di Diego.  

La “noche del diez” è negli anfratti della memoria, nelle veroniche più perfide del destino, nel rimpianto che s’avverte ovunque, certo a Napoli più che a Barcellona, nell’immagine assai tenera di quel «Genio, Genio, Genio» di Hugo Morales che Lorenzo Insigne porterà a spasso con sé, tra i vicoli dei suoi tormenti, nel “tiraggiro” che andrà – inevitabilmente – a cercare tra i rivoli d’una giornata che gli appartiene per dedicarsi un brivido, un altro ancora. In questo Napoli-Barcellona senza alcun “barrilete cosmico”, in cui le suggestioni finiranno per mischiarsi con la realtà, l’ultimo scugnizzo di quest’epoca lascerà che a ispirarlo, come fosse una Musa personalissima, sia il Padre del Football senza tempo, il Dio d’un Universo ribelle e rivoluzionario, il Cristo calcistico sceso in terra in quella città baciata per sette anni dalla sua irraggiungibile fantasia: e mentre intorno, nella mistica di quel Teatro che appartiene all’Uomo dei Sogni, si resterà con il fiato sospeso, Insigne inseguirà gli ultimi frammenti di se stesso, affinché resti altro del proprio decennio, nel quale lampeggiano centosedici reti, un’infinita serie di assist e magari anche qualche ruvido rimorso, certo la consapevolezza d’essere arrivati ai titoli di coda, dovendo inquietarsi per non essersi mai capiti in fondo con la propria città.
Perché Napoli-Barcellona è (innanzitutto) di Diego Armando Maradona, non certo per demagogica narrazione: c’è nelle dinamiche della comunicazione moderna, che il Barça ha splendidamente esaltato attraverso i social con una foto da brividi e un didascalico ma sontuoso «Immortale»; c’è – impresso – sul pullman societario sul quale saliranno Spalletti e i suoi calciatori e dominato da quell’espressione elegantemente padrona del calcio che De Laurentiis jr ha voluto fungesse da guida spirituale; c’è nella visione estrema di una partita che non accetterà equilibrismi o calcoli, dentro o fuori. Ma poi, quando si alzerà il sipario, toccherà a Insigne provare a scuotere (il) “Maradona”, ad imprimere una traccia, un sentiero o a disegnare un’iperbole, per non lasciare che questa sia la sua ultima “sfilata” europea, in un braccio di ferro privo d’un domani.
Il Canada rimane ancora dall’altra parte della luna, è un macrocosmo da andare a riempire con una impresa che dìa un ulteriore senso compiuto al proprio vissuto e che provveda ad abbellirlo con un ennesimo capolavoro da affiancare alla punizione con il Borussia Dortmund, al “rapinoso” tap-in con il Liverpool, alla sontuosa invenzione del “Santiago Bernabeu”, a quelle irruzioni da splendido monello con il Paris Saint-Germain: c’è un album degno del suo talento; e a pensarci bene sembra quasi una galleria di opere d’arte comunque mai completamente apprezzata, nella quale rimane ancora una pagina vuota. Ma come in un romanzo accattivante, nelle ultime righe si possono nascondere sempre le emozioni più vive. E Insigne, stasera, nella battaglia, pensa a Diego”. 

Fonte: A. Giordano CdS

 

 

 

 

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