Tavecchio: “Nel calcio italiano ci vuole una guida non solo sportiva ma anche commerciale”

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A Radio Punto Nuovo, nel corso di Punto Nuovo Sport Show, è intervenuto Carlo Tavecchio, ex presidente FIGC:

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“Più ci sono interessi economici di questa portata e più emergono situazioni interne differenziate. I nostri diritti televisivi sono 1/3 di quelli inglesi. Ci vuole una conduzione manageriale che non intervenga solo sotto l’aspetto sportivo ma anche commerciale e imprenditoriale. Serve una figura diversa. Quando l’ho fatto, ho capito che la questione non era solubile. Abbiamo portato a casa i diritti televisivi con urgenza. Poi dopo è successo quello che abbiamo visto. Sono anime in pena. Multiproprietà nel calcio? Bisogna mettersi nei panni di chi ha sul tavolo una città che perde la sua squadra, perde tutti gli interessi perché non ci sono imprenditori.

Quando abbiamo fatto la multiproprietà abbiamo messo per iscritto che non si può mai arrivare mai alla massima categoria. Gli interessi in Serie A non possono essere di un unico proprietario, è chiaro come il sole. Le plusvalenze non sono ordinate dal medico. Se sono oggetto di una valutazione, di un’analisi di mercato e il giocatore di 18 anni vale 100 mila euro, è un discorso che deve essere controllato. Se non lo si controlla, c’è una responsabilità oggettiva di chi gestisce. Ma non è il concetto di plusvalenza che è sbagliato, la plusvalenza può essere una valutazione che intercorre quando il giocatore entra nel pacchetto e poi migliora la sua capacità sportiva. Si possono trovare giocatori di 16 anni che valgono 150 dollari e poi dopo un anno 1500 dollari.

Siamo tutti ipocriti qui, al punto di dire che noi possiamo permettere un sistema che ha il 95% dei costi gestionali, che ha super valutazioni di stipendi, che ha situazioni incredibili di comportamenti anti economici, allora possiamo andare a replicare sulle plusvalenze. Ma quando si danno 7 milioni l’anno a un giocatore che fa una partita ogni tre mesi, allora non ci siamo. In Lega non sono stato eletto come dirigente, ho fatto il commissario. Ci sono andato per una gestione ordinaria. Il problema più importante erano i diritti televisivi, gestiti da enti italiani o gruppi esterni che volevano prendere la distribuzione.

Potevano arrivare a 2,5 miliardi. In India i nostri diritti non ci vanno perché lì ci sono altri interessi. Facendo un discorso globale si capiscono tante cose. Ora c’è un problema gestionale dell’impresa che non può permettersi di pagare una quantità enorme di compensi per i calciatori, per i proprietari. Ora ci sono i soggetti paganti, percepenti. Il sistema calcio va rivisitato alla luce di un’analisi serena mettendosi in concorrenza con gli arabi e con chi ha delle possibilità economiche importanti”.

 

 

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Fonte: RadioPuntoNuovo

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