Sinistro, sinistro, sinistro. La palla a sfiorare appena il prato luccicante. Sinistro, sinistro, ed ancora sinistro. La palla a scivolare poi in rete, come fosse seta leggera tra dita. Diego cucì assieme quel drappo di seta, con un controllo in corsa, correndo in diagonale, l’uomo addosso, Nuciari, (al posto di Giovanni Galli) in uscita. Sinistro, sinistro ed ancora sinistro. Il piede a galleggiare nell’aria, assieme alla palla. Un miracolo balistico, un miracolo calcistico. Il lancio era stato di Giordano. Un disegno con l’arco del compasso. Un altro piede con dentro la polvere magica dell’estro che cosparge il pensiero del fuoriclasse. Si può esser fuoriclasse e basta. Giordano lo era. Diego era altro. Una stella luccicante, che si accendeva e spegneva le sue sorelle. Restando accesa eternamente. Perfetto, quel lancio, simmetrico, una traiettoria appena esterna a servire il “diez” sulla corsa. Il genio si comprende velocissimo, quando parla al genio. Come nuvole che si scontrano e danno vita al tuono. Il tuono fragoroso di un istante eterno. Che genera il lampo che acceca. Sinistro, sinistro, sinistro. Quello scatto a passettini, andando incontro al pallone, ghermendolo, spostandolo appena, depositandolo in rete, come in un unico movimento. Fluido. L’estremo tentativo di Maldini, che scivolò anche lui oltre la linea di porta, nel grido di uno stadio intero. Inebriato dalla potenza immane di quel che vide. Perfino Mariolino Corso, il sinistro di Dio, seduto su una nuvola, lo sguardo su Fuorigrotta, sussultò. Scosse il capo. Sentendosi un usurpatore. Perchè quello laggiù era il vero Dio. Quello laggiù il solo sinistro capace di gesti che appartenevano ad un Dio. Adesso parlano assieme di quel Napoli Milan. Di quel prodigio. Da qualche parte nel cielo. A braccetto.
di Stefano Iaconis