Nella sua storia calcistica Calisto Tanzi, scomparso nel giorno di Capodanno a 83 anni, ha spesso incrociato le strade del Napoli. Ne fu prima il “salvatore”, aiutando a più riprese l’amico Corrado Ferlaino a iscrivere la squadra al campionato di serie A acquistandone i pezzi pregiati a cominciare dal 1993, quando versò nelle casse azzurre 13 miliardi di lire per Gianfranco Zola e 9 per Massimo Crippa, il fantasista e il centrocampista che avevano giocato con Maradona. Due anni dopo avrebbe pagato 13 miliardi anche per il cartellino del giovanissimo Fabio Cannavaro. Subito dopo la partenza di Maradona vi era stata l’inchiesta giudiziaria sul gruppo edile che faceva capo a Ferlaino, che decise di affidare la presidenza a un consigliere allora di fiducia come Ellenio Gallo conservando la proprietà del club. E questo accadde anche quando venne nominato un amministratore unico su indicazione del tribunale di Napoli. Era una società «alla canna del gas» come diceva Ottavio Bianchi, che da allenatore si era trasformato in manager nella primavera del ’93. E in quegli anni fu decisivo il contributo di Tanzi, che nel 1988 era stato anche socio di Ferlaino nella Green Sport, la società che controllava l’Avellino, club di serie B. Il patron del Parma e della Parmalat non diede solo miliardi di lire per mettere a posto i conti del Napoli ma offrì una serie di giocatori: Bia, Gambaro, Rincon, Ayala, Matrecano, Goretti, Mora e Matuzalem. Allora il gruppo Tanzi aveva squadre in tutto il mondo e tante aziende: alcuni marchi apparvero anche sulle maglie azzurre.Nello staff dirigenziale del Parma entrò, alla fine degli anni ’90, anche un manager napoletano: Enrico Fedele, storico procuratore dei fratelli Cannavaro (anche il giovanissimo Paolo era stato acquistato dal club emiliano). In quel periodo un uomo di fiducia di Tanzi, Gb Pastorello, il manager della promozione in serie A, aveva acquistato il Verona, che nel campionato 2000-2001 fu avversario del Napoli nella lotta per la salvezza. Alla penultima giornata i veneti conquistarono la vittoria chiave per la permanenza in A proprio contro il Parma: decisivo l’ingenuo fallo da rigore dell’ex terzino della Nazionale, Benarrivo. Si scatenò l’ira di Corbelli, socio al 50 per cento di Ferlaino, che chiese un’inchiesta della Procura federale sui rapporti tra Verona e Parma, tutt’altro che apparenti. Vi erano stati passaggi di giocatori e dopo quel campionato Malesani passò dalla panchina del Parma a quella del Verona. Corbelli riteneva che vi fosse stata una combine per far retrocedere il Napoli.L’inchiesta federale venne archiviata ma quella storia riemerse nell’inchiesta sul crac Parmalat perché secondo la Procura di Parma il patron del Verona, Pastorello, aveva distratto 17 milioni di euro dalle casse della società emiliana. Cinque anni fa Pastorello ha deciso di patteggiare una pena di 18 mesi (reato andato in prescrizione) e successivamente disse a un’emittente radiofonica napoletana: «Ho patteggiato perché ero stanco di andare avanti e indietro con avvocati che mi costavano centinaia di migliaia di euro». Poco credibile. Pastorello è rimasto nel mondo del calcio, dove ha trovato sempre più spazio suo figlio, Federico, oggi uno dei più potenti procuratori a livello mondiale. Uno dei suoi assistiti è Meret, portiere del Napoli e della Nazionale.
Nella sua storia calcistica Calisto Tanzi, scomparso nel giorno di Capodanno a 83 anni, ha spesso incrociato le strade del Napoli. Ne fu prima il “salvatore”, aiutando a più riprese l’amico Corrado Ferlaino a iscrivere la squadra al campionato di serie A acquistandone i pezzi pregiati a cominciare dal 1993, quando versò nelle casse azzurre 13 miliardi di lire per Gianfranco Zola e 9 per Massimo Crippa, il fantasista e il centrocampista che avevano giocato con Maradona. Due anni dopo avrebbe pagato 13 miliardi anche per il cartellino del giovanissimo Fabio Cannavaro. Subito dopo la partenza di Maradona vi era stata l’inchiesta giudiziaria sul gruppo edile che faceva capo a Ferlaino, che decise di affidare la presidenza a un consigliere allora di fiducia come Ellenio Gallo conservando la proprietà del club. E questo accadde anche quando venne nominato un amministratore unico su indicazione del tribunale di Napoli. Era una società «alla canna del gas» come diceva Ottavio Bianchi, che da allenatore si era trasformato in manager nella primavera del ’93. E in quegli anni fu decisivo il contributo di Tanzi, che nel 1988 era stato anche socio di Ferlaino nella Green Sport, la società che controllava l’Avellino, club di serie B. Il patron del Parma e della Parmalat non diede solo miliardi di lire per mettere a posto i conti del Napoli ma offrì una serie di giocatori: Bia, Gambaro, Rincon, Ayala, Matrecano, Goretti, Mora e Matuzalem. Allora il gruppo Tanzi aveva squadre in tutto il mondo e tante aziende: alcuni marchi apparvero anche sulle maglie azzurre.Nello staff dirigenziale del Parma entrò, alla fine degli anni ’90, anche un manager napoletano: Enrico Fedele, storico procuratore dei fratelli Cannavaro (anche il giovanissimo Paolo era stato acquistato dal club emiliano). In quel periodo un uomo di fiducia di Tanzi, Gb Pastorello, il manager della promozione in serie A, aveva acquistato il Verona, che nel campionato 2000-2001 fu avversario del Napoli nella lotta per la salvezza. Alla penultima giornata i veneti conquistarono la vittoria chiave per la permanenza in A proprio contro il Parma: decisivo l’ingenuo fallo da rigore dell’ex terzino della Nazionale, Benarrivo. Si scatenò l’ira di Corbelli, socio al 50 per cento di Ferlaino, che chiese un’inchiesta della Procura federale sui rapporti tra Verona e Parma, tutt’altro che apparenti. Vi erano stati passaggi di giocatori e dopo quel campionato Malesani passò dalla panchina del Parma a quella del Verona. Corbelli riteneva che vi fosse stata una combine per far retrocedere il Napoli.L’inchiesta federale venne archiviata ma quella storia riemerse nell’inchiesta sul crac Parmalat perché secondo la Procura di Parma il patron del Verona, Pastorello, aveva distratto 17 milioni di euro dalle casse della società emiliana. Cinque anni fa Pastorello ha deciso di patteggiare una pena di 18 mesi (reato andato in prescrizione) e successivamente disse a un’emittente radiofonica napoletana: «Ho patteggiato perché ero stanco di andare avanti e indietro con avvocati che mi costavano centinaia di migliaia di euro». Poco credibile. Pastorello è rimasto nel mondo del calcio, dove ha trovato sempre più spazio suo figlio, Federico, oggi uno dei più potenti procuratori a livello mondiale. Uno dei suoi assistiti è Meret, portiere del Napoli e della Nazionale. F. De Luca (Il Mattino)