Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Lacreme napulitane”

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Dentro i “Popolari”, si respira l’aria della Milano operaia più autentica. Sporgendo il collo Aniello vede laggiù, alla sua destra, la tribuna centrale. Lui sta nel settore più in alto, quello costruito da pochissimo. Ci sarebbe voluto andare, in tribuna, ma il biglietto costava mille cinquecento lire. Le avrebbe spese volentieri, ma sta conservando per tornare a Napoli a Natale. E’ lontano da casa da quasi dieci anni, lui fa l’operaio, è salito nel capoluogo lombardo un giorno di marzo del ’47, e non è mai più sceso a Napoli. Ci vogliono troppi soldi e lui non se lo può permettere. Ha il calcio nel sangue, Aniello, ed il Napoli nel cuore E quest’ anno il Napoli è partito bene. Ha vinto due partite, ed ha fatto un pareggio al Vomero, contro l’Inter. Giocando un partitone. Lui la partita se la sente per radio ogni domenica, e non gli pare vero di essere, alla vigilia della quarta giornata, primo in classifica proprio assieme al grande Milan. Quello di Gipo Viani. Di Liedholm, che oggi, però, non gioca. Il Milan di Schiaffino. Il vate del calcio. Al venerdì, prima di andar via, quelli della fabbrica dove lavora sei giorni a settimana, i tifosi del Milan, (ci sono solo milanisti, interisti e juventini, dove sta lui), andando via gli hanno battuto la mano sulla spalla. “Dai, che ne prendi solo quattro, ci vediamo lunedi’. Nessuno sa che lui è andato a San Siro. Ed eccolo là adesso, con la sua bandiera con sopra il ciuccio, ben nascosta dentro la manica del cappotto liso. Perchè è l’ inizio di ottobre, ma a Milano fa già freddo. Quando il Napoli entra in campo, guidato da Pesaola e Vinicio, Aniello applaude freneticamente anche lui, come tutti gli altri tifosi, solo che i suoi occhi sono solo per ‘O Lione e per il Petisso. Gira lo sguardo intorno e vede lo stadio pieno. Piccole nuvole incombono, nel cielo che si va facendo grigio ardesia. L’ azzurro è sul prato, in quelle maglie azzurre. Schiaffino sembra regale, il Milan è accompagnato da un urlo che stordisce Aniello. Lui si fa piccolo piccolo. Sarà un martirio. Ma su un corner Posio, tracagnotto e risoluto, con il numero quattro sulla schiena, ruba una palla al limite. Tira forte. Ed Aniello vede il pallone in rete, con Buffon battuto. Aniello sente un tuffo al cuore. Il Napoli ha segnato, con l’ uomo meno probabile. Madonna mia, pensa, non mi devo muovere. Schiaffino corre verso il centro del campo con la palla sottobraccio. E lo stadio si agita. Vinicio cade al limite dell’area. Fallo. Pesaola ha le mani nei fianchi, i pantaloncini appena più bassi. Il nero corvino dei capelli con il gel lo rende inconfondibile. Aniello vede il pallone arcuarsi, quando il Petisso calcia, e poi scendere in picchiata. Buffon rimane immobile. Il Napoli sta vincendo due a zero, dopo nemmeno venti minuti. Aniello incrocia gli occhi di un uomo con un cappello di feltro chiaro, occhi amichevoli. Si guardano tutti e due, senza parlare. Piccoli lampi azzurri condiscono il settore. Sono bandiere venute fuori improvvise. Quelli del Milan mugugnano. Una mischia in area, Vinicio finisce a terra, e mentre cade arpiona il pallone, e lo infila ancora alle spalle di Buffon. Tre a zero. Aniello ha le mani che sudano, si sbottona il cappotto, un lembo della piccola bandiera azzurra fa capolino. San Gennà, ma che sta succedendo? Si accorge di essere guardato Rimane immobile, gli occhi sul prato dove quelli in azzurro fanno festa abbracciati. Aniello vorrebbe urlare fortissimo. Incrocia di nuovo gli occhi dell’uomo. Sorridono, adesso. Sorride anche lui, allora. Pesaola corre lungo l’out, fa un cross, Vinicio di testa infila la porta milanista. Il rumore dell’ impatto udibile fin sui popolari. Aniello solleva le braccia, e grida: “Gol!”. Poi si stringe nel cappotto, “uh mamma mia bella, aggio alluccato” pensa, “mo me piglio nu pacchero”. Quel grido però, viene ripreso da decine di bocche intorno a lui. E giù giù fino alle tribune. Allora, Aniello grida ancora, Mamma mia che Napule”. Gli brilla lo sguardo, tiene i pugni sollevati. L’ uomo dagli occhi che sorridono tira fuori una bandiera. La sventola, incurante. Mentre Vinicio segna ancora. Cinque a zero. Zero a cinque, a, San Siro, al cospetto del Milan, dei suoi spocchiosi tifosi che gli parlano al lavoro, al bar, come fosse un pigmeo tra i giganti. Aniello vorrebbe fare una pernacchia, quella si gigante, una pernacchia che avvolga lo stadio ed assordi. Guarda l’uomo che sventola la bandiera. Ha gli occhi lucidi, solleva le braccia. Aniello volge lo sguardo intorno. Ci sono piccole macchie azzurre. Improvviso sale il grido “Napoli, Napoli!”. E poi un boato, quando Beltrandi, il piccolo mediano faticatore in azzurro, fa un tunnel. A Schiaffino. Aniello vede l’ uomo asciugarsi una lacrima, e sente le sue pungergli le palpebre per venire fuori. Lunedì, in fabbrica, sarà bellissimo. Con il Napoli primo in classifica. Da solo. Sai che pernacchie!

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Stefano Iaconis

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