Christian Maggio: «Napoli, la mia casa. Gattuso è riuscito a restituire serenità e ora la squadra centrerà la Champions»
Presente, passato e futuro. Di tutto un po’ per Christian Maggio (39 anni) che dopo Champions e successi con il Napoli ha scelto di sposare la causa del Benevento vincendo lo scorso anno il campionato di serie B da protagonista. Poi metà stagione in A con i sanniti e adesso una nuova avventura, ancora in serie B, a Lecce, dove spera di centrare la seconda promozione di fila. «È una bella avventura e da quando sono arrivato stiamo andando molto bene». D’altra parte il Lecce è al secondo posto.
Ma il primo amore resta Napoli.
«La mia famiglia vive lì. Per tre mesi non ho voluto che si trasferissero. Perché Napoli è la nostra casa».
E il Napoli che impressione le sta facendo?
«Quella degli azzurri è stata fin qui una stagione molto altalenante: erano partiti bene, poi una serie di problemini hanno fatto in modo che la corsa si fermasse. Ma io conosco la piazza: nelle difficoltà non è semplice venirne fuori. Sono contento perché nelle ultime partite Gattuso è riuscito a far star tranquilli tutti e infatti stanno arrivando anche i risultati. Al Napoli serve tornare in Champions e penso ce la possano fare».
Che idea si è fatto di Gattuso?
«Con Rino abbiamo giocato insieme in Nazionale. Mi è sempre piaciuto. Ti carica sempre. Magari ogni tanto va fuori dalle righe, ma ci sta: è il suo carattere. Dice sempre le cose come stanno: è onesto e sincero, questo per un giocatore è fondamentale».
Da una parte il Napoli, dall’altra il Benevento che lei ha lasciato a metà stagione per sposare la causa del Lecce…
«Fin dall’inizio del campionato si sapeva che il Benevento avrebbe lottano per la salvezza. Per fortuna nel girone di andata siamo andati oltre le aspettative. Poi sapevamo che il ritorno sarebbe stato un campionato diverso perché le altre squadre si sarebbero rinforzate. Il successo sulla Juve è stato importante, perché fino a quella partita pochi avrebbero scommesso sulla salvezza».
Che allenatore è Pippo Inzaghi?
«Uno che non ha mai smesso di sentirsi ancora un po’ giocatore».
In che senso?
«In tante circostanze in allenamento stava con noi e giocava con noi. Soprattutto quando c’era da fare i tiri in porta. Anche questo lo ha aiutato fin dall’inizio a creare un gruppo importante».
A proposito di allenatori: ma poi con Maurizio Sarri, dopo la mancata passerella d’onore nel 2018, in che rapporti è rimasto?
«Nessuno. Da quel giorno contro il Crotone non ci siamo più sentiti. Abbiamo intrapreso strade diverse e siamo professionisti. Ma di quella giornata non ho alcun rimpianto. Ricordo il giro di campo con la mia famiglia e tanto mi basta. Al resto ci hanno pensato i napoletani che mi hanno riempito la vita di messaggi e di affetto. Vuol dire che qualcosa ho lasciato».
Da un allenatore a un altro: Mancini in Nazionale come le sembra?
«Con lui rivedo l’entusiasmo che c’era intorno alla Nazionale nel 2012, l’anno di quell’indimenticabile Europeo perso in finale. Per me resterà unico. Perché ho esordito nella prima gara contro la Spagna, ma anche perché eravamo una squadra fantastica. Ecco, Mancini è riuscito a riavvicinare la gente e i tifosi come in quel periodo. Notavo un certo disinteresse per l’Italia, ma ora il trend si sta invertendo».
Pensa possa far bene anche al calcio italiano?
«Da questo punto di vista serve tornare a credere nei vivai. In serie A e in serie B ci sono troppi stranieri, mentre di giovani italiani forti ne avremmo tanti. La serie B, ad esempio, dovrebbe essere un trampolino per i giocatori giovani».
Maggio, quando smetterà di giocare, cosa vorrebbe fare?
«Se resto in campo: l’allenatore di un settore giovanile. Se invece esco, mi piacerebbe intraprendere la carriera di direttore sportivo».
B. Majorano (Il Mattino)