Per capire quanto al Napoli sia mancato Dries Mertens sono stati sufficienti 34 minuti, per scoprire quanto sarà utile e quanto decisivo, diventeranno indispensabili le prossime quindici partite. La squadra azzurra (ancora) in emergenza – senza Osimhen, Lozano, Petagna e Manolas – è comunque una realtà nella quale i piedi buoni consentono di palleggiare, d’inseguire una verticalità smarrita e la “resurrezione” di Ghoulam aggiunge qualità e autorevolezza. Il Napoli ch’è uscito dal suo mese più orribile di quest’annata perfida, ha dentro di sé una struttura rilevante, una padronanza tecnica che tracima in ogni settore e poi, insieme a Mertens, ha riscoperto l’importanza e lo spessore di Fabian Ruiz e di Zielinski, l’evoluzione silenziosa di Rrahmani, l’ispirazione di Politano e, nello specifico, una ampiezza che (ri)diventa il valore aggiunto ma che può essere insufficiente, quando il gioco si fa duro. E’ ancora una splendida, probabile e libera interpretazione che si affida ai solisti, ai loro acuti. E deve industriarsi per tornare ad essere una squadra, come è stato in grado di fare a tratti, però episodicamente, prima che si imbattesse in quella serie di guai che il destino non gli ha negato. E’ la sua cifra tattica che ha bisogno di un ulteriore slancio, per potersi permettere una vita (quasi) straordinaria, da Napoli.
A. Giordano