Dino Zoff: “Insigne fa giocate che incantano. Gattuso? Non ti fidare della “vecchia signora” “

L'ex portiere di Napoli e Juventus ai microfoni del CdS

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Lui è sempre lì, le mani che ghermiscono la Coppa del Mondo e l’espressione di chi trasmette il suo sorriso giusto: nell’album di chiunque, Dino Zoff è sistemato ovunque, nel quinquennio di Napoli, nel decennio con la Juventus, nella trasversalità d’un uomo ch’è stato (e rimane) di tutti, un piccolo e grande mito «Nazionale» che ci è appartenuto ed ha cullato generazioni intere con quel buon senso che resta ancora oggi. Juventus-Napoli è un tratto di vita che ancora s’incrocia tra i pensieri sciolti e che Zoff, a modo suo, domina come quel pallone di Oscar, al 90′ di Brasile-Italia ai Mondiali dell’82: lasciando che l’ansia restasse al di qua della linea bianca, ben distante dalla sua statura e dalla sua eleganza.  

 

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Dica la verità, Zoff: ma la Supercoppa ce l’ha un valore o gli viene riconosciuto, semmai, soltanto in caso di sconfitta? «Beh: quando si perde, si fa sempre in tempo a costruire processi. Però, i trofei pesano e contano, dànno gioia ed allegria e poi nessuno vuole uscire dal campo battuto».

A chi ha vinto un Mondiale 40 anni fa una domanda del genere non si dovrebbe fare, ma Chiellini ha aperto al dibattito. E’ finito il ciclo bianconero….? La vecchia guardia si è fatta vecchia? «Ahia: vecchio è una brutta parola. Però non credo e non mi sembra. Direi che gli investimenti sono stati fatti, in varie zone del campo, e la Juventus non si è risparmiata, ha speso e anche tanto».

Lei la ribalta: siamo già nel nuovo ciclo. «A me dalla poltrona così pare. E ci sono anche cose buone che si sono viste con Pirlo, che ha bisogno ovviamente del tempo necessario per inserirsi in questo nuovo ruolo. Ma la Juventus sa proteggere i propri allenatori e aiutarli, quando ci sono le difficoltà».

Gattuso ha trovato certezze in un risultato che può incoraggiare. «Sempre meglio presentarsi alla finale di Reggio Emilia con un 6-0 che con le perplessità successive alla sfortunata sconfitta con lo Spezia, che rientra tra le fatalità. Ma il Napoli ha consistenza, ha calciatori di talento».

E Insigne è diventato il leader tecnico. «Piace un sacco a me, come a tutti. Fa cose che incantano. E’ ormai importante per il Napoli e anche per la Nazionale. Può diventare determinante, ma queste sono investiture che possono dare gli allenatori, quindi Gattuso e Mancini, non io che osservo da lontano».

Cosa è questo calcio, oggi? «Qualcosa che a volte diventa indecifrabile, perché all’improvviso e alla viglia di una partita puoi ritrovarti con un giocatore o anche un paio vittime del virus. E lì entrano in gioco anche altri fattori, di natura psicologica. Non è semplice da gestire. Poi, aggiungiamoci l’atmosfera, assolutamente diversa».

Il «peso» stavolta è soprattutto sulle spalle della Juventus? «Ad occhio, ci sta. Deve digerire il ko con l’Inter e riuscire ad assorbire gli effetti che ha prodotto. Ma loro sono abituati alle pressioni, se non la Juventus chi è in grado di sopportare questo carico di stress?».

Insomma, se lei fosse Gattuso della Vecchia Signora non si fiderebbe… «Appunto! E penso che non lo faccia, che ignori il particolare di domenica scorsa. Io in novanta minuti un po’ strani non riesco a cogliere segnali di disfatta. Certo, non è andata come chiunque si aspettava. Ma è stata una serata. Abbiamo idea di chi giochi nella Juventus, non stiamo neanche qui a ripetere la formazione e la panchina».

La gara secca è perfida. «Ma il potenziale è enorme, ovunque. Ognuno ha costruito secondo le proprie visioni e le rispettive possibilità. C’è un equilibrio che soprattutto in questo momento si coglie e comunque non è il caso di sbilanciarsi in pronostici: si rischia sempre di fare una brutta figura».

Qual è la risorsa principale, per vincere? «La sintesi perfetta tra condizione atletica e mentale. E certo l’ultima partita può aver lasciato preoccupazione o entusiasmo, dipende. Ma in tre giorni, il tempo per metabolizzare insuccessi e vittoria, la scena cambia».

Pirlo e Gattuso allo specchio. «Entrambi portano con sé il proprio vissuto, fatto di affermazioni in carriere esaltanti. Poi è evidente, e lo sanno entrambi, che adesso si sono calati in una dimensione diversa. Ma la cultura calcistica è imponente, un bagaglio enorme sia per l’uno che per l’altro. Ognuno ha la propria personalità, il carisma per farsi seguire. E però nel calcio spesso si ha fretta ed ora, con queste condizioni complessive ed i fattori esterni, bisogna essere più tolleranti».

Ci sono cinque mesi davanti a noi, cosa succederà? «Io credo che nulla sia deciso. Che la Supercoppa di domani sia in gioco e che lo scudetto non possa dirsi né assegnato, né indirizzato. Se lo giocheranno in tante, tutte quelle che sembrano attrezzate, e la Juventus ed il Napoli sono tra queste. Ecco perché ci divertiremo». 

A cura di Antonio Giordano  (CdS)

 

 

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