Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Il giorno dopodomani”

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Quindici giorni, quindici. Tanti ne occorsero per costruire una squadra, facendola sorgere dal nulla. Quindici giorni per iscriversi al campionato, rimestando tra gli scarti concessi dalle altre squadre. Nel paiolo di calciatori svincolati, alla disperata ricerca di un contratto qualunque. Una frenetica corsa contro il tempo, con la lega a rimandare le prime due giornate di campionato, ed allargare la finestra di calcio mercato a metà settembre. Una finestra esclusivamente azzurra. Lasciata aperta soltanto per poter permettere al Napoli soccer, una iscrizione al torneo di serie C che fino a quel momento era apparsa impossibile. Che aveva lasciato la città con il fiato sospeso. Trepidante. Disperata. Nella certezza imminente di un pensiero cataclismatico: che il calcio sotto il Vesuvio avesse cessato di esistere. Che il sussurro di un pallone sull’ erba tagliata di fresco sul prato di un campo da gioco, sarebbe potuto esser udito soltanto da un televisore, da quel momento in poi. Dopo un tiro alla fune estenuante, però, dal cono del vulcano si era levato un filo di fumo bianco. Ed azzurro. Il primo Napoli di De Laurentiis, quello che ripartiva dal purgatorio delle serie minori. Affidato alle improvvisate mani di Ventura. Ed eccolo lì. Il Napoli. Che in un giorno di fine estate dell’anno 2004, affannato, trafelato, rattoppato, è pronto a ricominciare. Ripartendo dalle sue macerie. In un pomeriggio pieno di sole, con Fuorigrotta paralizzata, impazzita. Invasa da cinquantamila anime pronte a gremire le scale del San Paolo. Anime precipitate all’ inferno, confitte a testa in giù nel Cocito del football, dopo aver guardato negli occhi il dio del pallone. Cinquantamila persone. Per il Cittadella. Per un esordio di torneo nella terza categoria nazionale. Con due giornate già alle spalle nel calendario delle altre, ed il Napoli che incominciava il suo cammino dalla terza di campionato. Un sospiro di sollievo infinito a spazzare il golfo. L’ amore di una città che rifioriva aprendo la corolla del tifo nuovamente. Napoli/Cittadella rimase indimenticabile. Un evento mai visto prima per la categoria, la testimonianza di quanto il Napoli e Napoli siano uniti da un vincolo indissolubile. Il Cittadella, in rosso, come fosse il Liverpool, e che ricevette il medesimo bagno di folla che il club inglese riceverà quasi un ventennio dopo. Nei gironi eliminatori di Champions League. Una strada lunga migliaia di chilometri poi. Il fantastico che si materializza. Quel l giorno, l’esordio mortificante nella categoria in cui gli azzurri erano scivolati, valse una partita di Champions. Napoli rispose con l’ entusiasmo del suo amore incredibile. Poco importò che dopo appena quattro minuti i veneti fossero già in vantaggio. Perchè lo stadio, come fosse un nastro trasportatore, con la sua voce di passione, sollevò la squadra di peso, ribaltando il risultato. Ignoffo e Savino, nomi perduti tra le nebbie di un tempo andato, oramai dimenticato, portarono il Napoli sul due ad uno. Toledo, una segaligna ala dalle movenze danzanti, fece il terzo gol. In un delirio che pareva presagire un ritorno immediato nel calcio che conta. Poi la condizione fisica approssimativa, la convinzione che bastasse il blasone per soggiogare un avversario al cospetto della paura dello stadio che era stato di Maradona e Careca, e la disattenzione legata al montare dell’ entusiasmo, permisero ad un volenteroso Cittadella di risalire fino al tre a tre. L’ annata non terminò secondo i pronostici. Sebbene nel mercato di gennaio l’arrivo di alcuni giocatori, certamente di categoria superiore, permise al Napoli di approdare ai play off. Fu l’ Avellino, a salire nella serie cadetta, dopo la finale spareggio. Ma quella domenica di settembre rimane. Quello fu il giorno dopodomani. Perchè lì ebbe inizio il Napoli di De Laurentiis. Il Napoli soccer. Il nuovo Napoli. Quello che, vent’anni dopo, avrebbe sconfitto un’altra formazione in maglia rossa. Campione d’Europa in carica. Leggendaria. Perche’ senza quel giorno, senza quei cinquantamila, la storia di oggi non sarebbe stata mai raccontata.

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Stefano Iaconis

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