Il Mattino – “Maradona non merita quest’ultima offesa”

Non si scarichi su Diego la responsabilità della morte

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La verità su quanto è accaduto una settimana fa nel centro residenziale Villanueva a Tigre, a nord di Buenos Aires. Il certificato che constata il decesso alle ore 12 del 25 novembre non dice tutto. I magistrati della Fiscalia General di San Isidro hanno messo nel mirino Luque, il neurochirurgo che operò Diego alla testa, e hanno perquisito anche lo studio della psichiatra Cosachov. Chi indaga sulla convalescenza di Maradona ha già una certezza: «È stata una gestione sanitaria fuori controllo». E, adesso, per salvare la faccia o evitare una condanna per omicidio colposo Luque ha preventivamente chiesto di non andare in carceresi tenta di scaricare la responsabilità su Diego, anche dopo la sua morte, puntando sulla impossibilità di gestire l’ex capitano del Napoli. «Indaghino su chi era Maradona», ha detto il neurochirurgo che saltava agilmente dalle sale operatorie alle copertine dei giornali di gossip.
Da Diego in tanti si sono allontanati in questi anni – dalla moglie Claudia agli amici – perché inaffidabile, un po’ per la sua natura e molto per l’abuso di cocaina e successivamente di alcol. È comprensibile ma ovviamente non per un medico. Perché un medico non può abbandonare un suo paziente in gravi condizioni neanche dopo una lite o uno spintone, quello che l’ex campione avrebbe dato a Luque una settimana prima di morire. Maradona sembra essere stato irresponsabilmente abbandonato a se stesso. C’è il sospetto che sia morto perché non è stato curato adeguatamente: un cardiopatico, in crisi di astinenza, dopo un delicato intervento chirurgico va seguito in un centro specialistico, non in un’abitazione alla periferia di Buenos Aires, dove c’era un bagno chimico al pianterreno, nessuna traccia di un defibrillatore e i turni di medici e infermieri non erano rispettati. Non occorreva che Diego parlasse per chiedere aiuto: bastava osservarlo e ascoltarlo, ancor prima dell’operazione al cervello o dopo quella caduta avvenuta pochi giorni prima della morte, per cui non vennero fatti accertamenti. Il 30 ottobre lui era stato nello stadio del Gimnasia per salutare i suoi giocatori nel giorno del 60° compleanno: camminava a fatica e non parlava. Chi è stato molto vicino a Diego fino al lockdown della scorsa primavera, l’assistente napoletano Stefano Ceci, dice che la situazione era peggiorata dopo il ritorno in Argentina. Si è visto anche nei filmati riproposti in questi giorni: Maradona era un altro quando allenava una piccola squadra messicana, i Dorados di Sinaloa. Appena ha rimesso piede a Buenos Aires, vi è stato lo scontro con la moglie Claudia, che ha curato i suoi affari finché non è apparso sulla scena il mediatico avvocato Morla, adesso accusato di avere creato il vuoto intorno a Diego. Lui dice per difenderlo dall’assalto di chi voleva approfittarsene, però è inquietante che non fosse possibile contattarlo né per i familiari né per gli amici più stretti, come alcuni ex compagni del Napoli. Perché Maradona è stato isolato? C’era un avanzato stato di malattia da nascondere o anche altro? I documenti della clinica Olivos, dove Diego era stato operato d’urgenza per l’edema cerebrale, confermano che fu indicato il ricovero in un’altra struttura per una convalescenza che avrebbe potuto presentare rischi. Le figlie Dalma e Gianinna hanno invece affittato un appartamento lamentandosi poi per la mancata assistenza al padre, che doveva essere seguito h24 pur essendo ingestibile. Anzi, a maggior ragione, per evitare che decidesse di sottrarsi alle cure. L’inchiesta della magistratura accerterà cosa è accaduto, intanto le domande sulla fine del campione sono un tormento per chi in tutto il mondo lo ha amato e in questi giorni ha pianto. Era stato sul punto di morire già vent’anni fa, quando lo colse un infarto a Punta del Este. Aveva recuperato grazie alle assidue cure del dottor Cahe, un coscienzioso medico poi estromesso dal clan, l’entorno come lo chiamano con disprezzo i media argentini. Oltre al cuore, che da anni funzionava al 38 per cento, cos’altro stavolta lo ha condannato? Non si scarichi su Diego la responsabilità della morte, sovrapponendo i problemi cardiaci alla depressione, altro male che è stato curato consentendogli l’abuso di alcol. Non merita questa ultima offesa. F De Luca (Il Mattino)

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