Un “figlio” di Maradona è German Pezzella, che Diego l’ha conosciuto da vicino nella preparazione del Mondiale 2010, da aggregato Sub20 alla Seleccion, quando il Ct era proprio Maradona. «Veniva a giocare a biliardo e a ping pong, noi giovani lo vedevamo quasi come un dio. Eppure lui ti faceva sentire a tuo agio. Voglio ricordarlo così, felice. Rammento le chiacchierate e la sua infinita generosità: pensava sempre prima agli altri, poi a se stesso». I giorni dell’elaborazione del lutto, sono sempre i più duri. «Ci ha insegnato tante cose che è quasi impossibile descriverlo. Nei nostri cuori sarà eterno». Lo ha ribadito pure sui social. In quel 10 riconosciuto come tale ovunque, Maradona, c’è tutta l’Argentina, che per Diego non è mai stata periferia del mondo, semmai ombelico. Ed è questo il messaggio che ciascun connazionale delle generazioni successive si porta dentro, testamento morale trasmesso dalla nascita: il capitano viola lo sa bene. «In tutto, ha messo sempre se stesso, nel pallone, ma anche per difendere e tenere alta la nostra bandiera. Lo ha fatto per il nostro paese e questa è la sintesi perfetta del sentimento argentino. Maradona, per tutti noi, non è solo calcio: è un modo di vivere, di affrontare le cose. Diego ha portato speranza: non importa da dove vieni, se lotti puoi ottenere tutto».
German Pezzella, chi era per lei Maradona?
«Un eroe, quasi un dio. Non solo per me, ma per tutti i miei compatrioti. Nei momenti in cui il nostro Paese aveva bisogno di una gioia, di allegria, lui era il riferimento a cui guardare. Prendete la sua storia col pallone ai piedi: ha dimostrato che quando uno sogna ardentemente, col massimo sforzo e andando sempre avanti, ce la può fare. Maradona ci ha dato speranza, l’ha regalata a tutti, anche a quelli con minori possibilità».
Maradona, in queste ore, è stata anche un’immagine: tutti in lacrime, i tifosi del Boca, ma anche gli eterni rivali del River. E’ un piccolo miracolo, questo, che solo lui ha potuto mettere insieme?
«Quando si parla di Maradona, in Argentina, non esistono rivalità, bandiere di club. E’ sempre stato legato al Boca Juniors, di cui era innamorato, ma non esiste argentino che, a sua volta, non si sia innamorato di lui, di Diego. Perché ha regalato felicità in momenti difficili per la nazione, in cui non c’era altro motivo, per la gente, di essere felice, se non per le sue giocate. Lo seguivano tutti, perché era il detonatore dei sorrisi, l’uomo che permetteva di mettere i problemi in secondo piano. Il suo modo di essere, tutto quello che trasmetteva, incoraggiava ed aiutava ad affrontare meglio la vita. Maradona ha dato senso di appartenenza».
Lei ha appreso la notizia a ridosso del match con l’Udinese.
«Sì. E’ stato uno shock, non riuscivo a crederci. Ma Diego resterà per sempre in ogni situazione legata al calcio, non solo in Argentina ma nel mondo. Il suo ricordo continuerà a vivere in eterno, Maradona sarà nel nostro cuore per sempre».
E la Seleccion di cui ora lei fa parte, adesso, avrà più responsabilità, puntando a vincere quel Mondiale che manca nella vostra bacheca da quando Maradona l’ha sollevato?
«Io credo che per tutti quelli che indossano oggi la maglia dell’Argentina e per quelli che saranno chiamati ad esaltarla domani, ci sia un solo obiettivo: onorare il ricordo di Maradona».
A cura di Francesca Bandinelli