Carrà: “Diego passò una notte in prigione a causa mia; Napoli mi commuove”

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Oltre tredici milioni di spettatori hanno assistito alla puntata di «Carràmba! Che fortuna» su Raiuno a novembre del 1998 in cui Raffaella Carrà organizzò una carrambata per l’amico Diego Armando Maradona per fargli rincontrare i compagni di squadra del Napoli con quali aveva vinto lo scudetto 86/87. Diego era legato a Raffaella che oggi lo ricorda come «un essere fantasioso, un artista in ogni aspetto della vita, un amico con il quale succedevano solo cose strane. Gli voglio tanto bene. Se ne è andato troppo presto».
Raffaella, ricorda quando ha conosciuto Diego? «La storia è lunga. L’ho conosciuto in Italia quando lo invitavo ai miei programmi, ma la prima volta è venuto lui da me ed è pure finito in prigione. Io cantavo in una grande arena a Buenos Aires. Era il 1979. Lui avrà avuto 18 anni. L’arena era piena, non c’era più posto, ma lui tentò comunque di entrare per ascoltarmi. Disse ai poliziotti: Non sapete chi sono io!. Lessi questa storia il giorno dopo sul Clarin. Per colpa mia Diego aveva passato una notte in guardina».
Vi siete incontrati molti anni dopo? «Dopo questo episodio io l’ho praticamente inseguito. Una volta ero a Madrid per un’asta e avrei voluto proporre anche una sua maglietta. In quel periodo lui giocava nel Siviglia. Era il 1992. Ma Diego non volle mandarmela. Quando ormai stavo per partire però me lo ritrovai nella hall dell’hotel. Non potevo crederci: davanti ai miei occhi c’era Maradona con la moglie Claudia e le figlie Dalma e Giannina. Arrivò e mi disse: Non ti ho voluto mandare la maglietta, te l’ho portata io. Facemmo pace, cenammo insieme e lo invitai al programma Hola, Raffaella. Lui venne con piacere e portò con se la famiglia».
Anche lei è stata ospite del suo programma trasmesso in Argentina? «Sì, mi invitò a Buenos Aires, a La Notte del 10. Non potevo dirgli di no. Era dopo Carràmba. Cantai Fiesta e ballammo insieme. Era forse il 2004, ma c’eravamo visti anche prima a Sanremo».
Durante la preparazione del Festival? «Sì, era quel periodo, quando dovevo condurre nel 2001. Un giorno mi telefonò Gianni Minà e mi disse che Diego era a Sanremo. Lo invitai a casa, mangiammo insieme e lui mi confessò che voleva presentare il Festival con me e cantare una canzone. Io, lucidamente, gli dissi che non era il caso. Era il periodo in cui aveva problemi con l’Agenzia delle entrate italiane. Ti portano via tutto, ti fai del male gli dissi per il suo bene e penso di averlo salvato da una pessima figura sulla stampa italiana».
Che canzone voleva cantare? «Penso una canzone inedita. Se potessi parlargli oggi glielo chiederei».
Quando ha parlato l’ultima volta con Diego? «Da molto non ci sentivamo. Non sapevo più dove vivesse, ma a fine ottobre un amico dalla Spagna mi ha chiesto se volevo inviargli un video per il suo compleanno. Di solito non mi piace fare queste cose, ma per lui l’ho fatto. Ho indossato la maglietta dell’Argentina che lui mi aveva regalato e gli ho mandato gli auguri. È stato come averlo salutato! Mi hanno detto che si è molto commosso».
Ora cosa prova? «Sono commossa dalla reazione di Napoli. È straordinario vedere l’amore della città verso di lui. Per i napoletani Diego non è morto, resta nel loro Dna, sarà per sempre vivo, per i figli dei figli. Lui ha amato Napoli tantissimo e si è fatto amare. Mi raccontava che quando abitava in città con Claudia e le bambine, anche se viveva a un piano alto, c’era sempre qualcuno che cercava di arrampicarsi per salutarlo. Aveva sempre fan intorno, ma lui non si arrabbiava. Era sorpreso di questo amore pazzesco. Ammiro Napoli per l’amore che sa dare: un amore che non svanirà mai».

Factory della Comunicazione

Francesca Bellino (Il Mattino)

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