C’è chi beve per dimenticare e chi per passione. Pietro Paolo Virdis, per esempio. 63 anni ed ex attaccante del grande Milan a cavallo tra anni ‘80 e ‘90. Da uomo di area di rigore si è trasformato in oste da bancone che nel suo locale milanese «Il gusto di Virdis» offre e sorseggia del buon vino ricordando gol e gesta del passato.
Ricorda quanti brindisi fece dopo la doppietta al San Paolo che vi aprì le porte allo scudetto nel maggio1988? «Impossibile dimenticare quella partita. Perché era una stagione intera che rincorrevamo il Napoli e riuscimmo a batterli in casa loro. In realtà già all’andata vincemmo 4-1 dopo che loro erano passati in vantaggio con Careca. E forse fu proprio quella gara a San Siro a darci l’idea di tutto il nostro potenziale per poter rincorrere e riprenderli».
Rimaniamo in tema di vini: il vostro Milan a quale lo paragonerebbe? «Quella era una grande squadra, direi un Sassicaia o un Barolo dei top come il Giacosa».
E quel Napoli? «Combatteva sullo stesso piano, quindi un Brunello importante: un Biondi Santi.Un vino di tradizione come quella squadra che ha vinto tanto in quegli anni».
Veniamo al presente: il Milan di oggi che è primo in classifica? «Beh, lo paragonerei a un vino che si conosce poco inizialmente ma poi riserva grandi sorprese».
Quindi ci sta dicendo che non se lo aspettava là davanti a tutti… «È sicuramente la novità più bella della stagione. Dopo annidi grande difficoltà, anni nei quali è stato lontano da posizioni abituali nel passato, il Milan mi sta piacendo e sta facendo risultati».
Tutto merito di Ibra? «Ibra è sempre fondamentale. A 39 anni riesce a trascinare tutti e a dare sicurezze».
Alla Van Basten? «È sicuramente un uomo importante, ma non si possono fare paragoni. Sarei felice di farli alla fine se dovessero avere la nostra stessa continuità».
Ma un Virdis nel Milan di oggi c’è? «Direi Rebic».
Perché? «È partito lentamente, si è inserito, ha conquistato i tifosi con prestazioni importanti ed è diventato fondamentale».
Chi altro le piace in questo Milan? «Innanzitutto mi piace la mentalità: non perdono da una vita e propongono un bel calcio. Sono cresciuti in molti. Dietro Kjaer ha dato sicurezza, mentre Hernandez, che non sta vivendo il suo miglior momento, può fare la differenza».
E il Napoli? «Non mi stupisce più da tempo. Negli anni passati ha combattuto con onore contro la Juventus e ora sta andando alla grande».
Torniamo ai ricordi: quella di questa stagione può diventare una lotta scudetto a due come accadeva in quegli anni? «Ci può stare come paragone, ma a parti invertite».
Perché? «Nel 1988 fu il Napoli a scappare avanti in classifica e toccava a noi rincorrere».
Ma non fu un problema… «Assolutamente. Per noi era uno stimolo in ogni gara. E va detto che il merito era certamente nostro che avevamo un grande gruppo e una grande squadra, ma anche del Napoli di Maradona, Careca e compagni che era un grandissimo avversario spinto da un pubblico eccezionale. Il Napoli è il Napoli anche per l’entusiasmo della gente e per il calore».
Visto che ora sono gli azzurri a rincorrere, ci svela il vostro segreto? «La capacità da parte nostra di tenerci sempre sulla corda con la possibilità che anche una grande squadra come quella poteva subire una minima crisi. E noi abbiamo avuto il merito di non mollare un attimo, aspettare quel momento e approfittarne».
Dopo il calcio lei si è dato alla ristorazione: come mai? «È sempre stata la mia passione. Anche quando giocavo a calcio, un giorno a settimana andavo a bere e mangiare in un posto diverso per sperimentare. Appena ho finito con il pallone, quindi, ne ho fatto la mia attività. Anche perché sono sempre stato un grande appassionato di vini».
Ora, con le norme anti Covid, non è il momento migliore per la vostra categoria «Nel nostro caso abbiamo una cucina particolare e mia moglie non se la sente di fare l’asporto. Quindi siamo chiusi, pazientiamo e aspettiamo un attimo. Per fortuna ho anche un negozio di generi alimentari e proviamo a vendere qualcosa. All’inizio puntavamo su prodotti di diverse provenienze, ma poi ho virato sulla mia Sardegna per ritagliarci una nicchia importante»
B. Majorano (Il Mattino)