GRANDE E FRAGILE
Ma Arkadiusz Milik non poteva sapere, l’avrebbe scoperto più tardi, che dentro quella sagoma d’uomo fatto e finito, un ventiduenne capace di sovvertire l’ordine costituito del bomber, si nascondesse (ancora) un ragazzo con le sue fragilità. Il primo legamento gli saltò in Nazionale, così, senza che ci fosse stato né sforzo e né torsione del corpo, e da quel momento il suo Calvario è stato impercorribile. Non è vero che dopo un intervento del genere ci vogliano quattro o cinque o sei mesi per riprendere: bastano, certo, per tornare in campo, mica per rimanere se stesso. E a Milik le statistiche concedono altre dieci presenze, in quell’anno, mentre invece sono centotrenta inutili minuti, un gol che diventa un’illusione, ed un tormento che sconfina, per sua stessa ammissione, nella depressione. «Ho pianto da solo». Fonte: CdS