De Laurentiis tuona: “Niente saldi e sconti per gli avvoltoi!”

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Sotto la maschera, o la mascherina, visti i tempi, c’è un Aurelio De Laurentiis che non le manda a dire, i cui messaggi possono apparire subliminali solo a chi non lo conosce. «Avvoltoi», Vecchie Signore, Emiri e Sceicchi, ma non solo…
De Laurentiis ma questo mondo andrebbe seriamente rivoltato come un calzino, magari partendo dai campionati? «Io sono un visionario e sui play off ho idee personali: le novità non vanno accolte male, anche perché giocare ogni tre giorni mi sembra pura follia. Aspetto che arrivi nei prossimi giorni Gravina e chiacchiereremo: ha parlato di cambiamento di format, ci faremo spiegare da lui come intende farlo, per rendere più appetibile il prodotto al tifoso da stadio e da casa».

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Ci saranno gli Europei, la prossima estate, e il Covid ha cambiato le scadenze«E noi sembriamo attori affittati per una commedia. Ma lavoriamo per Ceferin o viceversa? Serve grande rispetto per i tifosi e per i vari campionati nazionali. Il resto viene dopo».
Il mercato è l’attualità. «Ne siete ossessionati. Eppure il Napoli nell’ultimo anno, in tre campagne, ha sfondato il tetto dei 300 milioni. Abbiamo 35 giocatori, manca Petagna che ha contratto il virus, e quindi ci sono undici esuberi».
Però voci e anche indizi di movimento se ne colgono. «Sia chiaro che se il mercato dovesse rimanere rarefatto, potremmo non cedere i pezzi da 90. Il Napoli non farà una campagna di saldi. E per gli avvoltoi, pronti a colpire in picchiata, siamo organizzati con corazze impenetrabili».
I grandi potrebbero restare, dunque: Koulibaly compreso? «La domanda fa fatta al Manchester United, al City o al Psg che possono spendere eventualmente certe cifre. Ma evidentemente è un periodo di attesa per tutti».
Tra ventitré giorni si ripartirà. «Sono adirato coi miei colleghi. Per me si doveva cominciare ad ottobre e così avremmo potuto modulare la possibilità di combattere il Covid. Qui non ci ha capito niente nessuno, né gli scienziati e né il CTS, ch’è composto da onesti professionisti».
Pure l’azienda calcio è in difficoltà. «Io mi auguro che le cessioni della passata estate vadano in porto ora. Perché il calcio è un’industria, non solo un gioco. Industria o solo gioco? Per me è un’industria. E il movimento si porta appresso quattro miliardi di debiti relativi al 2019-2020».
Sono anche i giorni in cui si parlerà di diritti televisivi. «Ci sono diverse proposte, ma io inseguo la modernizzazione di un sistema che fatto il suo tempo. Ci vuole una governance di altissimo livello professionale, che tolga la possibilità di ribaltare tutto ogni anno. Ora c’è il vuoto di un miliardo tondo tondo che ci manca per errori commessi giocando non dico sporco, ma male. In prospettiva, ci sono i fondi, c’è la mia proposta. Il valore del calcio italiano si è impennato e sarebbe bello poter puntare ai livelli degli inglesi, semmai superandoli. Però servono competenze e sistemi innovativi. E poi bisogna smetterla di essere schiavi della legge-Melandri, che guai ne ha già fatti abbastanza».
E’ stato un campionato caratterizzato dal Var e da interpretazioni arbitrali ondivaghe: cosa si aspetta ora? «Lo chieda a chi governa gli arbitri. Tanto s’è visto: anche se sbagliano, poi gli fanno arbitrare la finale di Champions».
CdS
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