Gattuso ha riportato il sereno: L’ammutinamento è ormai dimenticato

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«Se voi pensate che io sia un problema, che io possa non aiutarvi a uscire fuori da questo momento, posso anche andare via». È la notte del 18 gennaio e il Napoli ha appena perso con la Fiorentina per 2-0. Fino a quel momento aveva vinto una sola gara dal suo arrivo, quella con il Sassuolo.

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Su Rino Gattuso, arrivato da poco più di un mese, sembra quasi calare il sipario. Lui comincia a sospettarlo. È uomo di mondo, sa come vanno le cose. Non si sorprende. La squadra sembra ancora allo sbando, Insigne a nome di tutti, quando è ancora in accappatoio, chiede e ottiene di poter andare in ritiro dopo l’ennesima figuraccia con i viola. Un altro segnale, importante.

La crisi era nata proprio dopo il no del gruppo ad andare in ritiro dopo la gara con il Salisburgo. Un ammutinamento vero e proprio. Quella notte tra Gattuso e la squadra va in scena un lungo faccia a faccia da cui nasce un patto di ferro che cambia il destino di questa stagione e che porta fin qui, al trionfo in Coppa Italia, al ritorno di un trofeo al Napoli dopo un digiuno lungo cinque anni e mezzo.

Rino Gattuso le aveva provate tutte fin a quel momento. C’erano giocatori che neppure avevano la forza di alzare lo sguardo da terra, impietriti dai risultati, dalle prestazioni e anche imbarazzati per quell’ammutinamento nella notte con il Salisburgo che resta una ferita per loro. Nonostante il pentimento.

Poi è arrivato questo uomo che ha due occhi che quando ti fissano scrutano ogni pensiero. Ha messo spalle al muro i bulli del gruppo e dopo aver impiegato un mese per trovare il bandolo non se l’è fatto più sfuggire. Aveva deciso di concedere qualche attenuante almeno fino alla fine di gennaio, e poi di usare il pugno duro (come poi ha fatto con Allan che ha escluso dalla gara col Cagliari). Non aveva avuto paura di affrontare i leader, compreso Mertens con cui all’inizio non è stato un rapporto semplice.

C’era poi un gruppo che aveva bisogno di sentirsi di nuovo parte viva di un progetto, dopo che aveva espresso il desiderio estivo di andar via. Gattuso aveva trovato uno spogliatoio dove non c’era più uno spirito di squadra, dove le individualità contavano più del gruppo. E non è stato facile rimettere assieme i cocci di un vaso mandato in frantumi dalla gestione di Ancelotti.

Ma quella notte il destino nero di questa stagione interminabile, cambiò. In poche ore. Perché Gattuso ascoltò tutto quello che i giocatori avevano da dire e li rassicurò, uno a uno. Chiese fiducia e la ottenne. Tre giorni dopo arriva la vittoria con la Lazio, una settimana dopo quella con la Juventus. La risposta definitiva è arrivata l’altra sera, con una scena unica, con Gattuso al centro del cerchio dei giocatori a parlare a squadra e a presidente.

È vero quello che dice: «Io un club non sono solo l’allenatore: sono il presidente, il massaggiatore, il magazziniere e pure l’autista». Un vero comandante, un autentico condottiero. La squadra lentamente resta stregata da un allenatore che durante l’allenamento li obbliga a non fermarsi più di 30 secondi per bere, che li costringe a sedute anche di 2 ore.

Ha ragione De Laurentiis: forse solo Sarri era riuscito ad avere un rapporto così con uno spogliatoio. Impressionante quello che è stato capace di fare, in sei mesi. Il Napoli è lui. Gattuso è il Napoli, in questo momento. Ed è stato bravo De Laurentiis a trovare la cura giusta per riportare il Napoli a essere competitivo. Aveva ereditato una situazione drammatica da Ancelotti.

Una crisi di identità, di gioco, dove il Napoli aveva smarrito il sacro fuoco. Un enorme pasticcio causato dal corto circuito che si era creato tra il tecnico ora all’Everton e i giocatori. Il Napoli era una pena: il giorno dell’ammutinamento, la squadra andava a casa e Ancelotti andò a Castel Volturno. Ora, con Gattuso è tornato a sbocciare di nuovo. Ora tutti sembrano rigenerati.

Dove prima c’era una pecorella smarrita, ora c’è il drago fiammeggiante. Una bestia che controlla la gara con la sua tecnica e con la sua organizzazione del gioco, poi se la prende con poche ma inesorabili fiammate. E buonanotte a tutti. Gattuso ha resuscitato ogni cosa: ha mandato in soffitta il turnover a ogni costo di Ancelotti, ha fatto ritrovare il 4-3-3 (sia pure riveduto e corretto a onor di logica e di esigenze tattiche) e ha resuscitato i sogni. Tutto ciò che sembrava smarrito, le vittorie, il sacro fuoco sono tornate.

Gattuso è un allenatore che unisce, che compatta, che mette il gruppo al centro di tutto e lui al centro del gruppo. E che affronta ogni situazione: ci sono io, per ogni cosa. E allora è lui il primo che parla con De Laurentiis della necessità che vengano pagati gli stipendi, è lui che propone un premio per la Coppa Italia. Ed è sempre Gattuso che sollecita il rinnovo del contratto di Mertens, che lo convince ad accettare l’offerta. I segnali del cambiamento sono quotidiani.

La squadra voleva uno che martellasse durante l’allenamento, un sergente di ferro. Si era lamentata con De Laurentiis per i metodi soft di Ancelotti, per l’abiura al 4-3-3 e così via. Gattuso ha riportato il sereno: perché ora tutti hanno più coraggio, sono tornati ad acquisire una mentalità giusta e anche alla vigilia della Juventus il messaggio di Gattuso è stato chiaro, già solo disegnando la formazione. Mandando il campo il 4-3-3 con Insigne, Mertens e Callejon. Ha trasmesso alla squadra il segnale giusto: niente paura, siamo il Napoli.

Ma è stato durante il lockdown che Gattuso ha dimostrato cosa significa essere leader: ha gestito qualsiasi cosa, ha tenuto unito il gruppo con telefonate quotidiane, ha convinto tutti a restare a Napoli ad allenarsi. Ha fatto da filtro con il presidente, ha spiegato a De Laurentiis che prima del suo contratto ci sono quelli dei collaboratori in scadenza. Un trionfo totale. Napoli e il Napoli sono ai suoi piedi. Fonte: Il Mattino

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