Partite ancora vietate fino al 25 Giugno scuole calcio nel caos
Giocare una partita in una scuola calcio è ormai diventato un percorso ad ostacoli
Giocare una partita è quello che tutti i ragazzi sperano, cui ambiscono, ma, almeno fino al 25 giugno, resta un tabù.
PROTOCOLLO – Entrare in una scuola calcio è diventato un po’ come entrare alla Nasa. All’ingresso check in e misurazione temperatura. Poi registrazione di bambini, genitori, istruttori. I ragazzi arrivano già vestiti e si cambiano solo le scarpette. Le personali vanno rimesse in un sacchettino per calzare quelle con i tacchetti per giocare a calcio. Un pallone a testa, distanziati sul campo e alla fine niente doccia: tutti a casa. Tra un gruppo che si allena ed un altro che deve rientrare almeno una mezz’ora per avere il tempo di sanificare tutto.
PARADOSSO – Il paradosso lo spiega Michele Visone, presidente della scuola calcio Micri. «Noi delle scuole calcio stiamo attenti a tutti i protocolli, ma sentiamo che gli stessi ragazzi si danno appuntamento per strada al termine dell’allenamento per fare la partitella». La riapertura almeno serve dal punto di vista sociale. «Questo sarebbe stato un periodo pericolosissimo per molti ragazzi che, terminato il lockdown, sono nuovamente usciti in strada, ma non avevano strutture di riferimento e di aggregazione. È vero l’investimento sanitario, ma quello sociale non è da poco. Anche negli orari dei nostri allenamenti cerchiamo di allungarci con i tempi proprio per farli tornare subito a casa. Un lavoro che accomuna tutti i nostri collaboratori cui deve andare un grazie enorme per come hanno lavorato anche durante il lockdown». Al Micri ogni ragazzo è dotato di un kit ed un pallone personale. «Cinquecento ragazzi, cinquecento zainetti, cinquecento mascherine, cinquecento palloni. Un investimento non da poco».
AUTOCERTIFICAZIONE – Risolta anche la questione della responsabilità penale legata al Covid. Genitori, ragazzi, istruttori firmano una autocertificazione nella quale si dichiara di non aver avuto il coronavirus né di essere stati in contatto negli ultimi quindici giorni con persone affette da Covid. Ovviamente, questo sposta il capitolo responsabilità dai presidenti delle Asd ai genitori.
COSTI – E qui è il problema tra quanti hanno il campo di proprietà e quanti invece lo gestiscono. «Il protocollo di sicurezza richiede investimenti notevoli – spiega Luigi Santoro dei Blue Devils di Marano – prima lavoravamo con un istruttore ogni 18 atleti, oggi il rapporto è diventato di uno a sette. Non solo: sanificazione, termoscanner, nebulizzatori, ogni giorno l’autocertificazione, il sacchettino, i palloni. A fine seduta la disinfezione. Da noi fortunatamente sono tornati la maggior parte dei ragazzi ma mi rendo conto che chi va in difficoltà non ha riaperto. Per mantenere questi obiettivi il tuo standard deve essere elevato, altrimenti devi rinunciare oppure qualcuno sta riaprendo ma senza tutti questi paletti che il protocollo della Figc impone. Molti fanno delle partitelle. È anche il nostro desiderio ma al momento non è possibile».
PORTIERI- Paradossalmente chi sta riuscendo ad allenarsi al 90% sono i portieri. «Con loro – spiega Massimo Gravina, tecnico della Gioventù Partenope di Scampia che domani aprirà al Mellino la Scuola Portieri Progetto Uno – riusciamo a fare praticamente tutto: il tiro in porta è il pane quotidiano. Ma l’allenamento è finalizzato alla partita. Senza la tensione è minore e dobbiamo inventarci qualcosa».
FIGC – Ottocento scuole calcio, trentaquattromila iscritti. «Stiamo cercando di fare di tutto per far tornare i bambini sui campi – dice il presidente della Figc regionale Carmine Zigarelli (nella foto)– L’unico neo è quello che non si potranno fare le partite, ma si spera che anche questi possano presto tornare a giocare dopo le dichiarazioni del ministro Spadafora». La Lega Nazionale Dilettanti ha fatto una stima che il 30% delle società dilettantistiche non riaprirà. «Stiamo cercando di limitare al massimo questo numero con un impegno quotidiano. Le società ci chiedono di rivedere un po’ i vincoli del protocollo ma è logico che il nodo principale è la partita. Senza di questa i ragazzi non sono in grado di esprimere il proprio talento».
A cura di Gianluca Agata (Il Mattino)