Gli investimenti delle aziende di scommesse possono dare “ossigeno” alle casse dei club di calcio italiani. Oltre che a quelle dello Stato attraverso il gettito erariale. Soprattutto quando sarà finita l’emergenza da Coronavirus. La Lega calcio è a caccia di risorse per rilanciare l’intero sistema e il betting è uno dei pochi comparti che continua a crescere, almeno sul fronte online (+13,7%).
Confidando nella passione degli italiani per il gioco, 110 miliardi di euro di raccolta complessiva. Con una spesa reale, al netto delle vincite, pari a 20 miliardi. La “Confindustria del pallone” vuole convincere il governo giallorosso e il ministro dello sport Vincenzo Spadafora a concedere una “finestra” di 12 mesi, all’interno del pacchetto di norme del “Decreto Dignità” (da ottobre scorso, infatti, vi è il divieto di sponsorizzare nello sport, così come di fare pubblicità sui mezzi tradizionali).
Complessivamente, prima dell’entrata in vigore della legge in esame, il betting, nel calcio professionistico, investiva non meno di 45 milioni di euro (di cui 30 milioni nella massima serie), senza considerare le spese pubblicitarie su tv, stampa, radio e web (in totale un budget compreso tra i 150 ed i 200 milioni di euro). In gran parte questi contratti sono svaniti nel nulla o, peggio ancora, sono stati “assorbiti” da altri mercati stranieri.
Nella passata stagione (2018/19) 24 i marchi del betting hanno scelto il prodotto calcio e 17 di questi (senza considerare le sponsorizzazioni di maglia di MarathonBet, SportPesa o Eurobet) hanno investito tra i 220 mila e 1,6 milioni di euro per apparire sui cartelloni pubblicitari bordocampo. Unibet, infine, oltre ad investire in Serie A ha scelto di sponsorizzare il retro maglia dei club della Serie B. Con una serie di operazioni di coinvolgimento dei tifosi negli stadi della seconda divisione. Tutti marchi che potrebbero tornare in forza in caso di riapertura del mercato “scommesse” da parte dell’esecutivo Conte. Fonte: CdS