Bianchi: “Sarri deve vincere, Conte lo insidia.Uno scudetto non si programma, ma si programma un percorso”. Lo fece a Napoli
Il Corriere dello Sport ha chiesto di inquadrare il particolare momento che stanno vivendo Sarri e Conte.
A Ottavio Bianchi – 76 anni, lo scudetto (1987) e la Coppa Uefa (1989) col Napoli a impreziosire una carriera di alto livello nel decennio a cavallo tra gli ’80 e ‘ 90 allenando tra le altre Roma e Inter. Eccolo ai microfoni del CdS-
Bianchi, quanto c’è di Sarri in questa Juve?
«Bisognerebbe chiederlo a lui, certo, vista da fuori è una Juve che sta a +3 sull’Inter più per le capacità individuali dei singoli che per il gioco di squadra. Se lei mi chiede dove vedo la mano dell’allenatore io le rispondo Atalanta sempre e Lazio a tratti, non Juventus».
E’ d’accordo che il Napoli di Sarri seminava più bellezza di questa Juventus?
«Guardi, magari a Sarri questo aspetto non interessa nemmeno. Mi spiego: deve vincere, stop. Il resto non conta. Il suo Empoli giocava con grande scioltezza, a Napoli ha dato spettacolo: ma sono situazioni che non si possono paragonare. La Juventus è un’altra cosa».
Ma in estate non si era parlato di rivoluzione culturale? Non si era detto che era arrivato a Torino perché vincere non bastava più?
«Questo l’avete detto voi. Un allenatore deve far giocare bene la propria squadra e vincere. Quello che posso dire è che finora la Juve ha fatto fatica, una sofferenza non prevista, ha vinto tante partite con un solo gol di scarto puntando molto sui colpi ora di Cristiano Ronaldo ora di Dybala e Higuain».
Che tipo di percorso sta facendo Conte all’Inter?
«Sta lavorando su premesse importanti, finalmente credibili. C’è il lavoro di una società che ha preso a modello la Juventus, e si vede. Le squadre di Conte sono sempre molto caratteriali, giocano molto sull’agonismo e sulla determinazione; appena vengono a mancare queste qualità qualcosa si incrina e lo stiamo appurando. Ma il giudizio su Conte è sicuramente positivo, sta facendo un eccellente lavoro».
Per mesi ha chiesto rinforzi, ora la società l’ha accontentato.
«E’ come quando senti la selvaggina vicina, allunghi la mano e provi a prenderla. Credo che all’Inter quest’anno ci sia la consapevolezza che lo scudetto sia possibile, ma questo vale anche per la Lazio, che ha il vantaggio di potersi concentrare su un unico obiettivo. Dopo 21 giornate l’Inter ha 8 punti in più rispetto all’anno scorso, la Juventus ne ha 8 in meno: è la fotografia di un campionato più aperto, più incerto, con valori più vicini».
Ma lo scudetto si può programmare?
«Le faccio un esempio: quando arrivai a Napoli nel 1985 a me e Allodi chiesero di fare qualcosa in più di una salvezza anticipata. Le ricordo che l’anno precedente il Napoli del primo Maradona si era piazzato 8° e l’anno prima ancora si era salvato con un punto in più della terzultima: era una squadra di quella fascia lì. Al primo anno il mio Napoli arrivò 3° dietro Juventus e Roma, l’anno dopo vincemmo lo scudetto. Per rispondere alla sua domanda: uno scudetto non si programma, ma si programma un percorso. E l’Inter lo sta facendo».
Come giudica i nervi tesi di Conte dopo il pareggio a San Siro col Cagliari?
«Bisogna essere dentro a certi contesti per capire cosa scatta, ho letto che non stava bene fisicamente».
Lei non pensa che sia un segno di debolezza reagire così?
«Diciamo che quando sei sicuro della macchina che guidi, se buchi una gomma o becchi una buca non fai tante storie; ma questo lo dico da fuori, ripeto: bisogna viverle da dentro certe situazioni».
Chi lo vince lo scudetto?
(ride) «Non lo so. Diciamo che la Juve che ha dettato legge per otto anni consecutivi oggi non dà l’impressione di essere una macchina da guerra imbattibile. Anche il fatto che subisce troppi gol, con una media di uno a partita, mi sembra un segnale poco positivo. Per questo Inter e Lazio hanno il dovere di crederci fino in fondo e sono sicuro che sarà lotta a tre fino alla fine. Forse stiamo vivendo una fase di passaggio, di sicuro ciò contribuisce a rendere il nostro campionato più bello».
Fonte: CdS