Il calcio e Teo Teocoli. Un rapporto solido. In principio furono Galliani e Maldini, poi Napoli ed il Napoli, da Felice Caccamo a De Laurentiis che chiude i giocatori nel Maschio Angioino come in un serraglio. È la nuova trovata del comico proposta a «Che tempo che fa» su Rai2…«E questo è solo l’inizio, perché il mio Adl diventerà sempre più perfido».
Teocoli, come è nata l’idea di imitare il presidente del Napoli? «Innanzitutto confesso che ora sono terrorizzato dall’idea di incontrarlo. Temo che con il suo particolare slang possa riempirmi di improperi. Scherzo, lui ha questa aria da burbero e i toni molto spicci e a volte ruvidi, ma nel profondo non è un cattivo. L’ho conosciuto anni fa nel suo mega ufficio romano quando mi propose in un paio di occasioni di far parte dei suoi cinepanettoni, che, confesso, non erano in cima ai miei gusti».
E cosa accadde?«Mi chiese di firmare un contratto, io risposi: Aurelio, se mi dai un copione capisco di cosa si tratta. Lui mi interruppe subito con il suo classico tono: copioni non ce ne sono, tu firma e fai il film. Quando qualcosa non gli andava giù, si trasformava e diventava subito perentorio. Ha aria da dittatore, ma, ripeto, in fondo è buono. È un gran lavoratore e ha inventato nel cinema certe cose che in Italia sono diventate di costume. Lui è innamorato del Napoli, ma il calcio è un’altra cosa».
Ovvero? «Tu nel calcio non puoi comportarti come il produttore di un film, il calcio ha tante sfaccettature, tante esigenze e i calciatori a questi livelli sono campioni che vanno gestiti. Non puoi dire: io do 300mila euro di multa e non li faccio giocare».
La crisi di risultati del Napoli è frutto di quella lite tra giocatori e club? «Da quando seguo il calcio non ho mai visto un ammutinamento così compatto, tutta la squadra ha disobbedito al suo presidente per la questione del ritiro. Lui ha fatto un braccio di ferro con i giocatori e la cosa non ha pagato. Poi a proposito della Cina, a cui pareva destinato Mertens, parlò di marchette, disse che avrebbe fatto una vita di m… In certe cose è stato davvero un po’ pesante».
Nello sketch mette in risalto la rudezza di De Laurentiis e prende in giro anche Gattuso. «Ma sì, in questa tv piena di buonismo un personaggio come Aurelio, cattivo, esuberante, funziona. La cattiveria, quando non è pesante, fa molto ridere. Chiama sorcio’ Lionel Messi, Gattuso diventa il figlio di King Kong’, chiude i giocatori nel Maschio Angioino e non si sa se usciranno mai».
Così è tornato in qualche modo in contatto con Napoli, dopo la saga di Felice Caccamo. «I celebri viaggi di Caccamo con Bruscolotti e il Petisso: Pale e fierro era il navigatore (lo dice con la voce di Caccamo, ndr), e dopo 48 ore di viaggio vedevamo ancora il Vesuvio. Che storie. Il personaggio di Caccamo ebbe un successo clamoroso. Vendevo 1000 copie al giorno del libro. Poi a Napoli cominciarono a stamparlo per conto loro e invece di un milione di copie mi fermai a 300mila (ride, ndr). Questa città mi ha dato una gioia immensa: lo striscione che i tifosi del Napoli misero al San Paolo in occasione di una partita dell’Italia, Caccamo re di Napoli. Una cosa da brividi, non ci dormii la notte. Napoli ce l’ho nel cuore. Non c’è nel mondo un territorio così bello come quello di Napoli, della costiera, delle isole. Altro che Maldive. Ma Napoli è dramma e bellezza assieme, ed è una città speciale anche per questo».
Si può ironizzare sul mondo del calcio o è pericoloso? «Bisogna andarci cauti, si deve scherzare con leggerezza, senza mai eccedere, senza mai offendere. L’argomento è delicato anche se si tratta di sport, ci sono in ballo interessi. Insomma, bisogna saperlo fare».
Il Mattino