Alberto Aquiliani oggi guida l’Under 18 della Fiorentina, ma in carriera ha indossato casacche prestigiose, anche quella dei Reds di Liverpool. Ed è con queste parole che scattano le emozioni.
Dicevamo di Anfield, che ricordi le porta alla mente? «È uno stadio magico».
Perché? «Ti dà delle emozioni indescrivibili che vivi dal momento in cui arrivi fino a quando torni a casa. Ecco perché credo che la parola giusta per descriverlo sia magica».
E il pubblico? «Caldissimo, di quelli che ti spingono dall’inizio alla fine e si fanno sentire in maniera eccezionale».
A tal proposito: la spinta del pubblico di Anfield è più utile per a caricare i giocatori del Liverpool o a mettere paura agli avversari? «Un po’ entrambe le cose. Ti dà tanto, certo, ma toglie anche tantissimo agli avversari. Ma occhio, perché è una spinta così forte che in certi casi può anche caricare a palla gli avversari. In ogni caso, quello stadio e quell’atmosfera sono uno spettacolo per il calcio».
E quando parte l’inno You’ll never walk alone? «Ricordo che quella canzone la sentivo sempre dalla tv. Quando poi mi sono trovato ad Anfield per la prima volta e l’ho sentita partire dalle casse dello stadio mi ha dato una carica incredibile. Poi, certo, dopo due o tre partite ti abitui e la fai un po’ anche tua».
Il suo ricordo più bello legato al Liverpool e ad Anfield? «Ho giocato più di 20 partite in quello stadio e ogni gara era una grande emozione. Dalla Champions alla Premier League, ma segnare un gol in semifinale di Europa League sotto la Kop è una di quelle cose che non dimentichi per tutta la vita».
Ecco, la Kop… «È un vero e proprio muro rosso che sta lì dentro la porta. Ma attenzione, Anfield è tutto: non solo la Kop. Perché le tribune sono altrettanto calde, diciamo che dal mio punto di vista sono proprio quattro Kop dove tutti cantano insieme».
Da calciatore cosa si prova a respirare l’aria Reds? «Ho capito subito fin da subito che mi trovavo in un club storico che rappresenta un pezzo della storia del calcio mondiale. Si respira una cultura calcistica molto diversa rispetto a quella che si può respirare in squadre più moderne, per dire così, come il City».
Ci spieghi. «Quando giochi la Champions ti rendi conto che lì si vive per queste competizioni così importanti. Resterà indimenticabile il mio primo giorno in sede: entro e la prima cosa che vedo è la coppa. Te la fanno vivere subito. Per loro ogni competizione è importante, ma la Champions è davvero incredibile».
A proposito di Champions: si è fatto un’idea su chi possa vincerla quest’anno? «Sono sempre convito che la Champions sia un po’ una lotteria. Non esistono favorite. Si giocano partite secche e può succedere qualunque cosa. Magari infortuni e squalifiche possono essere decisive per l’esito di una sfida di andata e ritorno. Quest’anno ci sono 4 squadre alla pari che se la giocano fino alla fine: tra queste c’è anche un’italiana come la Juventus».
E il Napoli? «Ancelotti ha per le mani una bella squadra».
Come vede la sfida di mercoledì ad Anfield? «Penso che se la giocheranno. Anche perché i risultati delle ultime sfide sono tutti dalla parte degli azzurri: hanno vinto la gara di andata e già in estate in amichevole avevano messo in difficoltà Klopp e i suoi ragazzi. Ancelotti è la persona giusta per questa sfida».
Chi le piace di più tra gli azzurri? «Fabian Ruiz è fortissimo, quando ero a Las Palmas ci ho giocato contro. Lui era al Betis Siviglia e mi ha impressionato tanto per la grande intelligenza calcistica, si mette sempre al posto giusto per giocare la palla. E poi ha piede sinistro educato. È stato bravo a confermarsi anche in serie A, che non è mai un campionato facile».
E nel Liverpool chi le piace di più? «I tre davanti fanno la differenza ma non solo. Sono supportati da un’organizzazione di squadra incredibile: sono una macchina da guerra nella quale tutti attaccano e tutti difendono con una violenza fisica disarmante. Con la vittoria della Champions dell’anno scorso hanno anche la consapevolezza della loro forza a livello internazionale».
Nella sua avventura al Liverpool si è incrociato con due ex azzurri: Benitez e Reina, che ricordi ha di loro? «Con Benitez avevo un bel rapporto: schietto e diretto. Per altro è stato lui a volermi fortemente a Liverpool quell’anno nonostante io venissi da una stagione complicata, ecco perché quando è andato via ho accusato il contraccolpo».
E Reina? «Un grande portiere. Qualche anno dopo l’ho incontrato a Ibiza in vacanza: c’era questa offerta del Napoli per lui e mi ha chiesto un po’ dell’Italia e della serie A, gli ho consigliato subito di accettare».
Lei oggi ha iniziato una nuova carriera, da giocatore è passato ad allenare, ma partendo dal settore giovanile…«Credo che questa sia una tappa obbligatoria se vuoi intraprendere questa carriera. Si deve crescere con i ragazzi. Volevo una società professionistica e la Fiorentina mi ha dato opportunità. Per me è una palestra fondamentale».
Fonte: Il Mattino