L’opinione di Ciccio Marolda: “Ritrovare la vera identità è costata cara”

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Così il collega Marolda scrive oggi sulle pagine del Corriere dello Sport:

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“Quattro novità rispetto all’ultima partita, quella della beffa. I numeri sono questi, ma tre di quelle quattro sono finte. Due, infatti, dovute perché rientri da infortuni dei “titolari” Mario Rui e Manolas e l’altra scontata visto che Allan è squalificato. Cosicché l’unica vera scelta di Ancelotti alla fine è Mertens dall’inizio al posto di Lozano. E, diciamo la verità, non c’era bisogno di chissà quale coraggio per far questo. Infatti, non di coraggio, ma di logica, di ragionamento, s’è trattato. E, ovvio, di abbandono di quella fissa di stupire, di cambiare, di sperimentare un altro calcio che ha condizionato l’avvio del campionato portando così tanto i conti in rosso. Contro l’Atalanta il via al nuovo corso, dunque, e con la Roma, seppure con tanti limiti e difetti e fase difensiva da ricostruire, la conferma che non era stato un caso quel cambio di filosofia. Che detto senza tanto riguardo vuol dire: finalmente in campo la migliore formazione del momento. E anche che quell’idea dell’”uno vale uno” che è frullata nella testa di don Carlo per due mesi e passa, alla fine ha trovato la sua collocazione naturale: è stata accantonata.
Nuovo e malinconico risultato a parte, quella che si discute è la prestazione della squadra; la capacità del Napoli, così come contro l’Atalanta, di costruire comunque un gioco figlio d’una identità precisa, dell’esaltazione e non della sistematica mortificazione dei ruoli e dei talenti. Legittima a questo punto la domanda: ma perché, prima dell’Atalanta non sempre è andata in campo la migliore formazione? Non sempre è stata garantita ad alcuni o a molti calciatori la specificità del ruolo? Ebbene, sì. Così è stato. Champions a parte, infatti, il campionato è stato terreno di ricerca, di test d’un modernismo che in Europa solo il City di Guardiola da un po’ di tempo prova a portare avanti. Vero, c’era quel patto allenatore-proprietà che a turno voleva tutti in campo per capire, per valutare l’uno e l’altro, ma quanto è costato al Napoli far questo? Molto. Troppo. Lo racconta la classifica dolente. Lo dice il cambio d’obiettivo dopo appena un quarto di stagione: dallo scudetto sospirato al quarto posto che manco è più tanto sicuro, ma al quale il Napoli non può proprio rinunciare. E non può essere una consolazione una Champions tutta da raccontare e da godere ancora. E’ troppo triste, infatti, vedere il Napoli scivolare tanto indietro. Ben oltre ogni più pessimistico pensiero”.

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