E quegli applausi sono per lui: in quarantamila, o giù di lì, che l’accompagnano sino alla panchina, dolcemente. E la standing-ovation, in quell’istante, sa di tenerezza inaspettata che aiuta a farsi compagnia, lasciando che il tempo lenisca le ferite. Quella mano, è per lui, l’ha allungata Ancelotti, «dammi il cinque, ragazzo», che sa come si accarezzano i campioni, dopo averli sculacciati e sistemati per una notte in tribuna: e stasera, mentre Napoli-Verona sta per finire, e c’è qualcosa di Insigne, val la pena di ripensare a quelle carinerie («Quando è allegro è determinante») e abbandonarsi serenamente nella felicità di un istante.
L’ABBRACCIO DEL SAN PAOLO
La settimana più turbolenta evapora nel frammento di una serata che Insigne può trascinare con sé per sistemare i pensieri e riordinarli, uscendo da quella penombra che lo rende “opaco”: è stato bello alzare lo sguardo, vedere uno stadio anche in piedi ed avvertire quelle vampate di calore che aiutano l’autostima e distruggono i pregiudizi. Il calcio, il suo, è stato anche poesia, e quando è diventato prosa, in un dribbling inutilmente forzato, è bastato andare a rincorrere l’avversario per conquistarsi l’immediato “perdono” e tacitare il percepibile dissenso.
Fonte: CdS