Carolina Morace: “Ancelotti? Uno come me, tosto. Il Napoli è una squadra quadrata”
L'ex c.t. di Canada, Milan e Trinida e Tobago intervista da "il Mattino"
Un passato da calciatrice e da allenatrice, un presente da commentatrice per Sky Sport: stasera Carolina Morace, intervistata da “il Mattino”, sarà al San Paolo come seconda voce della telecronaca della gara delle ore 21 tra Napoli e Cagliari (partita che sarà trasmessa su Sky Sport Serie A e Sky Sport 255). La Morace è anche voce del calcio femminile e ha commentato le partite dell’Italia durante il Mondiale di Francia in questa estate.
Ora si è data al commento del calcio maschile: cosa cambia? «Nel maschile come nel femminile ci sono partite più impegnative di altre da commentare. Perché nelle partite più importanti conosci meglio i giocatori. In generale, però, non sono una tifosa: mi piace vedere il bel calcio».
E il calcio del Napoli le piace? «È una delle squadre più quadrate della serie A. È forte in tutti i reparti e secondo me Ancelotti è riuscito dargli un equilibrio».
Parlano tutti di questo equilibrio del Napoli: di cosa si tratta? «In poche parole: quando stai facendo la fase offensiva, sei già in grado di sapere cosa fare se perdi la palla. Quelle che in gergo tecnico si chiamano marcature preventive. Tutti gli allenatori sono alla ricerca dell’equilibrio della squadra. C’è chi lo trova prima e chi dopo. Ancelotti lo ha trovato e alla perfezione».
A proposito di Ancelotti: che allenatore è? «Uno bravo a dare tecnica e fantasia alla sua squadra. Ancelotti è un allenatore molto preparato. E poi è un leader e si vede».
Ovvero? «Ha cura dei suoi giocatori, lo vedo come un allenatore che cerca di tirare fuori il meglio da tutti e li tiene in considerazione. È una persona perbene. Si vede che è uno diretto. E nel calcio sicuramente i giocatori apprezzano molto di più uno diretto che uno che ti riempie di complimenti e poi non ti fa giocare. Ho allenato e so che non è facile mandare in tribuna la gente. In questo penso che Ancelotti sia come me».
E lei come è? «Sono una tosta: non sono una che parla tantissimo, ma ho il coraggio di dire a una giocatrice che sta fuori. Faccio un esempio. Quando allenavo la squadra maschile della Viterbese c’era Valentini, un centrale difensivo che veniva dalla serie A. Aveva 36 anni, quindi eravamo quasi coetanei. In quella squadra avevo tre centrali molto bravi, lui non aveva fatto la preparazione per problemi fisici, e io ho scelto di far giocare gli altri due. Sono andata da Valentini e gli ho spiegato il motivo per il quale lo avrei tenuto fuori. Lui ha capito, lo ha accettato e mi ha ringraziato per la franchezza».
E dal punto di vista tattico c’è qualche altro allenatore in serie A che le piace? «Il Brescia di Corini attacca alto.Ma anche il Lecce di Liverani non gioca male. In verità non si vedono più le squadre che si difendono con 10 uomini dietro la linea della palla».
E il Cagliari che ha già commentato per Sky in stagione? «È una squadra ben organizzata. Ha delle buone individualità: Joao Pedro ha giocato benissimo contro il Genoa, così come Nandez che è un giocatore bravo, di qualità e di quantità. E poi c’è Simeone che ha segnato e ha lottato: è diventato il beniamino del pubblico».
Del Napoli cosa le piace? «Il fatto che ha giocatori votati all’attacco che però sono attenti anche alla fase difensiva, altrimenti non reggerebbe due punte».
Veniamo al calcio femminile. Con il Mondiale in Francia c’è stato il boom,ma c’è da aspettarsi in futuro un ct donna sulla panchina della Nazionale maschile? «Non penso proprio. È più facile che mi chiamino sulla panchina di una nazionale straniera. Ma chi se ne frega. Il modello migliore è quello tedesco, dove quasi tutte sono impegnate in federazione. E in Francia vice presidente e segretario generale della federazione sono ex calciatrici».
Però in Italia il fenomeno del calcio femminile sta crescendo… «Non è mai un caso che le scelte culturali le facciano dei manager giovani. Il progetto del calcio femminile l’ha lanciato Michele Uva che è un manager giovane. E non è un caso se dopo il Mondiale siano raddoppiati i numeri delle iscrizioni delle bambine. Adesso i papà che non hanno il figlio maschio ma femmina la mandano a giocare nella squadra del loro cuore».
Eppure c’è qualcosa che non va. «Per me il tetto salariale è sbagliato: il calcio femminile che stiamo sviluppando in Italia non è il massimo come modello. Le straniere non vengono da paesi che calcisticamente sono in pole position. Non penso al calcio milionario maschile, ma a una carriera che dura poco e che va remunerata: alcune mie coetanee hanno smesso a 35-36 anni e ora sono senza lavoro”.
La Redazione