Ancelotti, i moduli, i cambiamenti del pallone e della sua tattica, la proposizione. Ciccio Marolda dalle pagine del CdS scrive: “Don Carlo l’evoluzionista. L’antropologo del pallone. L’allenatore che potrebbe starsene comodamente a lucidare il proprio vincente e doratissimo passato e che invece si dà da fare ancora. O, almeno, ci prova. Ora quello che s’è messo in testa, se la lettura di ciò che fa anche contro il Liverpool non è traditrice, è di mettere il Napoli sulla via del cambiamento in atto nel pallone. Perché forse il futuro è veramente là: in una visione tattica diversa da quella che è stata sino a ieri e che è ancora più dura a morire qui in Italia, patria del tatticismo; quello che ha scoperto che il segreto del successo sta nel prendere meno gol degli altri. Questione di cultura del pallone, non v’è dubbio. E intanto manco ce ne accorgiamo che il cambiamento è in atto. Pure qui, infatti, il calcio propositivo, quello dei gol, sta prendendo il sopravvento su quello tirchio, come dimostrano i sempre più numerosi risultati zemaniani.
E allora, per vincere devi calarti in questo cambiamento e cavalcarlo e dominarlo badando a non restare troppo dietro gli altri. E’ qui che don Carlo voleva andare a parare quando, qualche giorno fa, ha detto che lui col quattro-due-tre-uno non ci ha mai giocato. A molti è sembrata una insopportabile bugìa, eppure nelle sue parole c’è del vero. Intanto, perché, come vuole l’evoluzionistica teoria, i moduli, le formule numeriche riguardano soltanto la fase difensiva e mai quella d’attacco; poi, seconda cosa, perché quando si è padroni del pallone tutto cambia e non è più la posizione in campo a determinare il ruolo d’un calciatore, ma i compiti che gli toccano nel momento della cosiddetta “transizione”; ovvero del passaggio dalla fase passiva a quella attiva che dev’essere sempre assai veloce. Insomma, per gli evoluzionisti del pallone a dare un’identità a una squadra non è più quella formula di tre o quattro numeretti, bensì sono i principi ai quali il gioco punta. Fluidità dei moduli, la chiamano. Dove i moduli, come in questa magica notte di Champions, non sono rigidi com’erano una volta e dove in nome della “fluidità” ai calciatori si chiede sempre maggiore adattabilità, duttilità, tecnica. In una parola: qualità. E qui l’esempio degli esempi azzurri è Callejon.
E così si spiega pure la ragione per cui Ancelotti – pure contro il Liverpool – vede bene Fabian mediano accanto ad Allan. Questione di posizione, di qualità e non di ruolo. Già, ma riuscirà don Carlo a cambiare anima e principi della squadra? Altro che Liverpool, è questa la sua vera, grande sfida”.
Fonte: CdS