Fiona May a Il Mattino: “Ci vuole il pugno duro, Ancelotti uno dei pochi che ha minacciato un’azione”

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FionaMay «È tutto il giorno che corro dietro ai messaggi. Sono in Inghilterra ma dall’Italia mi tempestano: hai visto questa storia di Lukaku?”

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Certo che l’ha vista e per l’ennesima volta Fiona May, atleta pluridecorata nata a Londra ma naturalizzata italiana, ha guardato indietro nel tempo. «Tempo fa un tipo mi disse: Fiona tu hai quattro difetti, sei bella, sei donna, sei intelligente e sei nera. Partendo da qui, sono sempre andata avanti».

L’Italia è un paese razzista? «Non credo ma non possiede la mentalità sportiva di altri paesi europei».

Qualche mese fa accusò: è la paura che genera il razzismo. «Non bisogna ingigantire alcune paure indicando un nemico. L’insicurezza nasce dall’ignoranza in senso letterale: rifiuto del diverso perché non lo si conosce».

Quindi è ignoranza,non razzismo? «Diciamo che l’ignoranza è alla base del razzismo».

Figlia di genitori giamaicani, Fiona May ha costruito la sua carriera di campionessa di atletica leggera nel nostro Paese avendo sposato il suo allenatore italiano Gianni Iapichino. Detiene tuttora il record di salto in lungo con 7,11 metri e fino allo scorso anno ha fatto parte della Commissione integrazione della Federcalcio. «Siamo alle solite:ne parliamo per giorni e giorni, poi la questione viene dimenticata e nel frattempo nessuno ha fatto niente. Senza provvedimenti decisi non si vada nessuna parte. Vent’anni fa l’Inghilterra era nella stessa situazione,poi hanno iniziato ad usare il pugno duro e la situazione è totalmente cambiata».

È un problema di politica locale? Nel senso che deve occuparsene la Figc? «No, il problema è generale. Conosco bene Ceferin, il presidente dell’Uefa, apprezzo il lavoro che sta facendo.Ma non basta andare in giro per l’Europa a tenere conferenze o confezionare spot,deve esserci il supporto della base,cioè delle varie federazioni e dei club: in Italia, a parte qualche multa, si muove qualcuno o qualcosa?».

A giudicare dal reiterarsi di certi atteggiamenti,no.È toccato a Lukaku fare la conoscenza del tifo italiano. «A Cagliari,dove una cosa simile accadde pure lo scorso anno.Non mi pare che ci siano state grosse novità in Italia a livello di normativa.Vedrete che tra qualche giorno non se ne discuterà più fino al prossimo episodio».

Se lei fosse il presidente della Figc, cosa farebbe? «Qualcosa di concreto, anche a rischio di essere impopolare e di tirarmi addosso le antipatie dei club».

Tipo? «Cominciamo con l’identificare questi pseudo-tifosi.La tecnologia di oggi fatta di foto e video impiega poco ad immortalarli.E poi fuori dagli stadi per sempre,come è accaduto in Inghilterra». 

Prima di Lukaku, il polverone lo avevano sollevato i tifosi dell’Inter contro Koulibaly. «Ricordo perfettamente, una pagina bruttissima del campionato italiano».

Ancelotti disse: alla prossima usciremo dal campo. «Almeno lui ha avuto il coraggio di proporre un gesto forte».

Una minoranza penalizza la gran parte di persone per bene, dissero i moralisti. «Ma nessuno dice che così si penalizza lo sport, lo spettacolo. Vi assicuro che per un atleta offese di quel genere fanno malissimo perché pensa:ma come, sono in campo per far divertire questa gente e loro offendono il colore della mia pelle?».

Quindi al posto di Ancelotti, farebbe la stessa cosa? «Senza alcun dubbio.Con le chiacchiere non si vada nessuna parte».

Morale della favola: c’è poco da fare contro l’ignoranza. «C’è tanto da fare.Ma se non si comincia…». Fonte: Il Mattino (A cura di Angelo Rossi)

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