Esclusiva – Manuela Nicolosi: “Ringrazio Rosetti per il coraggio avuto nella designazione”
Il movimento femminile è in crescita non solo per l’ottimo mondiale in Francia sul piano tecnico e mediatico, ma anche per la designazione della terna arbitrale in rosa per la finale di Supercoppa europea tra Liverpool e il Chelsea. Oltre all’arbitro Frappart è stata designata come guardalinee Manuela Nicolosi intervistata in esclusiva dal nostro sito ilnapolionline.com.
Un assistente di gara in costante ascesa: prima i mondiali femminili, compresa la finale e poi il match di supercoppa europea, calcio maschile, tra Chelsea e Liverpool. Cosa ti ha spinto ad intraprendere la carriera di arbitro? “Ho sempre amato il calcio, per me è una autentica passione. Nel 1995, nel Lazio, hanno aperto anche alle donne le iscrizioni per poter diventare arbitro. Mio zio e mio cugino, che erano già arbitri, mi hanno invogliato a provare. Mi sono detta: vediamo dove riesco ad arrivare”.
Che ricordo hai del tuo esordio? “A differenza di tantissimi arbitri che ricordano la data del proprio esordio, le squadre in campo ed il risultato, io vivo l’emozione di ogni partita al momento e poi, terminata, mi concentro su quella successiva”.
Quali sensazioni hai provato, a Istanbul, al tuo ingresso in campo? “Fortissime! Ma sono iniziate prima dell’ingresso in campo, la più forte al momento in cui mi fu comunicata telefonicamente la designazione. Fu molto emozionante anche l’arrivo allo stadio, poiché trovammo una folla di circa 40000 tifosi che, all’esterno, era in attesa delle due squadre. Fu in quel momento, passando attraverso quella folla di tifosi, che sentii ancora più forte l’importanza e la portata dell’evento. All’ingresso in campo le sensazioni erano bellissime e non vedevo l’ora di iniziare”.
Dalla finale di Istanbul, è cambiato qualcosa nella tua vita, sia professionalmente che nel tuo quotidiano? “Da quella partita ho ricevuto molte richieste di interviste e capita spesso che la gente, per strada, mi riconosca e mi fermi. A livello professionale spero in una ulteriore ascesa”.
Sei divisa tra l’Italia e la Francia, tra il lavoro ed i tuoi affetti, da una parte e la tua grande passione, dall’altra Qual’è il segreto per riuscire a fare tutto? “Una buona organizzazione è alla base di tutto. Inoltre, faccio l’arbitro perché il calcio è la mia grande passione e soprattutto lo faccio con grandissimo piacere. Questo mi da la carica per affrontare le trasferte, i viaggi e tutto il resto”.
Ritieni che la designazione di una terna arbitrale di sole donne, per un incontro internazionale così importante, possa, in qualche modo, essere un viatico per la crescita dell’intero settore femminile non solo a livello arbitrale ma anche calcistico? “Io spero di si. Devo ringraziare Rosetti per aver avuto il coraggio di fare questa designazione, per rompere un muro. Noi abbiamo dimostrato di avere le capacità per farlo e spero che questo possa servire per un’apertura sempre maggiore, anche negli altri paesi, verso le donne arbitro e verso il calcio femminile. Questo consentirebbe di superare certi preconcetti che ancora persistono. Al fischio di inizio di Liverpool-Chelsea, nessuno più faceva caso al fatto che la terna arbitrale fosse femminile. Eravamo gli arbitri di una partita importante e basta. Inoltre la direzione di gara è stata apprezzata da tutti”.
C’è stato un momento, nella tua carriera, in cui hai pensato di abbandonare il tuo sogno? “I momenti più difficili l’ho attraversati quando l’osservatore di turno mi giudicava non soltanto per il mio operato di arbitro ma soprattutto in quanto donna. Subire questi preconcetti mi ha molto delusa ma, al tempo stesso, mi ha resa più forte ed ha aumentato la mia voglia di andare avanti”.
Cosa diresti ad una ragazza che volesse intraprendere la tua stessa carriera? “Di essere forte, innanzitutto, e di avere un mentor perché è molto importante. Io, fortunatamente, ho avuto mio zio che, sebbene sia stato il più severo degli osservatori, mi ha permesso di avere un feedback continuo, partita dopo partita, per individuare i punti in cui era necessario migliorarsi. In campo si è soli e, dopo la partita, avere qualcuno con cui confrontarsi ed avere un ritorno su quanto fatto è fondamentale per crescere professionalmente. Infine, bisogna riuscire a restare se stessi e non cambiare, magari perché spinti da qualcuno in tal senso. Sono e rimango una donna che in campo riesce a dimostrare tutto il suo valore”.
C’è un episodio, nella tua carriera, che ricordi con particolare piacere? “Sicuramente gli ultimi due mesi. Prima la designazione per la finale dei campionati del mondo di calcio femminile, poi quella per la finale di supercoppa europea. Ricordo le lacrime di gioia nel primo caso ed i salti di gioia dopo la telefonata per Liverpool-Chelsea. Ho visto ripagati tutti i miei sforzi ed i miei sacrifici e sono felice”.
Nel vostro ambiente nascono amicizie, rapporti umani che vanno al di là di quelli professionali? “Ovviamente nascono amicizie. In fondo è come in qualsiasi ambiente di lavoro: ci sono persone con cui si va d’accordo ed altre no. Quindi, nascono legami forti. Dopo la designazione per la finale di Istanbul, ho avuto attestati di stima da parte di moltissime persone anche che non sentivo da parecchio tempo, che mi hanno detto cose bellissime. Questo mi ha sorpreso piacevolmente. Di contro, alcune persone a me vicine, che ritenevo amiche, dopo la designazione sono sparite. Non riesco a capirne il motivo. E’ proprio vero che si impara ogni giorno, come in qualsiasi momento della vita”.
In Italia, purtroppo, non mancano gli episodi di razzismo e Napoli è tra le principali vittime. Si è invocata spesso la sospensione della partita, dando per scontato che fosse una decisione da poter prendere a cuor leggero. Dal rettangolo di gioco si sentono bene i cori? La sospensione della partita sarebbe davvero cosa facile come si pensa? “In campo non siamo solo noi arbitri coinvolti ma anche i delegati. In Francia, ad esempio, proprio quest’anno hanno modificato il regolamento: ai primi cori si sospende momentaeamente l’incontro e si fa un comunicato. Se alla ripresa del gioco i cori continuano, la partita viene definitivamente sospesa. Proprio la settimana scorsa, in Francia, hanno sospeso una partita di Ligue 2. Personalmente, ritengo che sia giusto combattere il razzismo sempre, quindi anche durante una partita di calcio”.
Quali rimedi ritieni opportuni per arginare il razzismo sugli spalti? “Esistono queste procedure, c’è il modello inglese ed è giusto che si continui su questa strada”.
Infine, uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi obiettivi, come vedi Manuela tra qualche anno? “Sono felice per quello che sono riuscita a realizzare fino ad oggi. Ovviamente ho altri obiettivi e spero di raggiungerli. Spero di continuare a ricevere gli attestati di fiducia da parte dei designatori”.
A cura di Riccardo Muni
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