Adolfo Mollichelli, giornalista napoletano, è stato intervistato da ilnapolionline.com sul suo recente libro “La Vida Loca”, il quale racconta le vicende vicine all’addio di Maradona a Napoli e al Napoli. Inoltre l’ex direttore del Mattino ci offre le sue opinioni sul mercato azzurro e il campionato mondiale delle azzurre.
Nel suo libro, Vida Loca, lei parla di Maradona. Quale aneddoto sulla vita privata di Maradona, in particolare i passi che hanno portato Maradona a lasciare Napoli, vuole condividere? “Il mio libro si focalizza su questo periodo in cui Maradona lasciò il Napoli. Alcuni miei amici mi convinsero a parlarne e a scrivere questo libro su una parte della carriera di Maradona di cui nessuno aveva parlato, ed infatti molto spesso quando parlavo del passaggio di Maradona a Siviglia, in pochi ricordavano quest’evento. Quindi lo scopo del libro e anche quello di raccontare qualcosa che non è stato raccontato nelle centinaia e migliaia di interviste, libri e articoli di giornale vari. Diciamo che così nasce la “Vida Loca”. Un antefatto che voglio condividere è che io all’epoca ero in ferie, mia figlia mi chiamò e mi disse: “Papà chiama il giornale urgentemente che ti vogliono”. Ed infatti era così, il direttore voleva che io andassi a Siviglia in trasferta, quindi, a fare la cronaca del possibile passaggio di Maradona in Spagna per poi riuscire a tornare a giocare con il Siviglia. Diego, dopo un periodo in cui era stato fermo, la sua situazione di incertezza lo aveva costretto in uno stato in cui si trovava depresso e quindi era spesso ad ubriacarsi e a perdersi nei meandri della tristezza. Io andai a Roma e presi il volo per andare in Spagna Si pensava di dover stare lì due tre giorni per vedere cosa succedeva e poi invece non è stato così. Rimasi nella città di Siviglia per i successivi 27 giorni dovendo quindi comprare qualsiasi cosa mi servisse in quanto ero partito di fretta e non mi aspettavo di stare così tanto tempo. C’era la possibilità che Maradona si ritirasse dal calcio e della possibilità che lui potesse ritornare in patria, ma lui voleva ritornare a giocare al calcio del campo e divertirsi. A quel tempo si trovava in una situazione in bilico tra il Marsiglia ad esempio ed il Napoli di Ferlaino che non lo voleva lasciare andare a tutti i costi, e in tutto questo il Siviglia lo voleva fortemente. E’ dunque questo lo scenario che io racconto in questo libro raccontando quindi giorni in cui c’era la notizia che ci poteva essere la possibilità di passare alla nuova squadra, e quindi lui era molto felice, ed i giorni in cui non sembrava esserci via d’uscita e lui voleva quindi abbandonare tutto. Il Diego Armando Maradona che viveva spesso i suoi alti e i suoi bassi in tempi brevi, per poi arrivare finalmente alla Liberazione finale come lui la chiamava quella Liberazione dal cartellino del Napoli che gli dava la possibilità di cambiare, fino ad arrivare alla prima partita col Siviglia, un’amichevole a quale Lui giocò con il Bayern dove c’era il suo amico Matthaus.”
C’è una forte presenza di emozioni in questo libro, lei personalmente quale emozione vuole trasmettere principalmente al lettore? “Questo esattamente non lo so e non saprei dirlo. Nei servizi da inviato, o in qualsiasi cosa facessi nella mia attività di giornalista, ho sempre cercato di parlare al cuore delle persone che mi seguivano. Ogni volta che facevo una telecronaca ad esempio, non troverete mai una semplice e pedissequa relazione di ciò che è accaduto sul campo ma una mia creazione personale che deriva anche dalle emozioni che provavo in prima persona. Credo che ci sia anche la possibilità di divertirsi in questo libro in particolare facendo riferimento ai vari intoppi che mi capitavano lungo la strada in terra straniera in quanto non avevo neanche un albergo, siccome c’era l’Expo a Siviglia e tutti gli alberghi erano pieni naturalmente. Ci sarà, dunque, anche da ridere. L’ironia fa parte anche del mio carattere e forse chi mi segue su Facebook di tanto in tanto vede i miei post ironici che io metto ed è mia ferma convinzione che la vita vada presa con ironia.”
Che differenza trova tra il giornalismo odierno è quello che lei ha vissuto in prima persona nella sua carriera? “Io risponderò con una mia esperienza personale. Ricordo vivamente che al tempo di Maradona, noi giornalisti eravamo liberi di fare ciò che volevamo come ad esempio negli accessi agli allenamenti e gli spogliatoi e c’era molto spesso anche un rapporto diretto tra i giornalisti e i giocatori che era molto bello. Il Napoli di oggi è molto diverso da quello di una volta, molto spesso vengo invitato e mi viene chiesto di venire a guardare un allenamento del Napoli e non vado perché mi sembra quasi un lager, in quanto si possono vedere soltanto i giocatori per 2-3 minuti e poi non ti puoi neanche avvicinare né tanto meno salutarli. Naturalmente questo non è ristretto al Napoli ma a quella che è la concezione del calcio di oggi, il quale tende a crearti delle barriere e posso dire con assoluta certezza che non mi ci ritroverei in questo mondo. Un esempio che posso fare sono i giocatori della Nazionale italiana che vinse il Mondiale nell’anno 2006 e posso dire che siamo rimasti molto legati. Ad esempio Gattuso nel suo periodo negativo del Milan mi ha telefonato e abbiamo avuto la possibilità di parlare e scambiarci confidenze. C’è Lippi con il quale è nata una grande amicizia quando allenò il Napoli. Non credo che oggi possa accadere una cosa del genere mi ricordo ad esempio un Fabio Cannavaro che io ho visto crescere con cui avevo un rapporto speciale vista la nostra napoletanità potremmo dire anche privilegiato. Molto spesso parlavamo ma non sempre per motivi calcistici. A volte parlavamo anche di altre cose come per esempio a Coverciano molto spesso scambiavamo due chiacchiere su argomenti diversi dal pallone e i colleghi cercavano di sentire cosa stesse dicendo. Un bel momento con Fabio fu quando in un paesino dove si stava allenando con la Juventus, io gli dissi che il giorno seguente ci sarebbe stato il suo esordio con la squadra e ricordo che lui si fece rosso, quella partita era un Juventus Napoli di tantissimi anni fa. Un rapporto quindi con i giocatori che era molto profondo e che dubito oggi un qualsiasi giornalista posso avere con un giocatore di una squadra. Potevamo entrare direttamente negli spogliatoi e parlavamo con i giocatori direttamente, anche con le telecamere ed io ricordo un Gigi Riva che faceva l’intervista seduto sulla panca con l’accappatoio indosso perché aveva fatto la doccia e con la sua famosa sigaretta in bocca e si parlava di tutto quello che era successo in maniera molto franca e diretta, Anche perché eravamo 5-6 di noi al massimo. Adesso invece c’è una pletora di colleghi, e a me piace chiamarli colleghi perché vedo il loro impegno e tutte le cose che fanno, che si presentano per ogni situazione, per ogni conferenza stampa e per ogni possibile intervista di qualsiasi personaggio nella speranza di ottenere anche una semplice notizia che può rivelarsi molto spesso anche non essere una notizia.”
La grande questione di questi giorni è molto semplice e riguarda mister Sarri. Lei considera l’ex allenatore del Napoli un traditore o forse è stata Napoli a tradire mister Sarri? “Inizierò nel dire che io sono contrario a questa parola: “tradimento”. La quale risulta essere troppo pesante, posso dire che lui aveva capito che al Chelsea non c’era lunga vita perché non volevano accontentarlo nell’area dei giocatori che lui voleva. All’epoca, quando andava via da Napoli, De Laurentiis esitò e Sarri fece una decisione che io considero da professionista. Arrivati ora a questo punto io non so come questo odio per la Juventus sia nato, ricordo quando c’era l’avvocato Agnelli e quanto lui fosse innamorato della città di Napoli e quanto gli piacesse venire a vedere le partite della squadra Azzurra. Questo oggi invece non succede. Ci sono anche i social che hanno fatto dilagare ed esasperano questo continuo odio tra tifoserie che per una persona sportiva come me e che proviene da una famiglia di sportivi è difficile da comprendere in quanto non coincide con i valori dello sport in generale. Molto spesso si parla di odio ormai in questi ambiti sportivi che noi viviamo. Lo sfottò di certo sta nell’anima della tifoseria e del tifare e si può tranquillamente dire che il napoletano si a maestro di questa arte, basti pensare a un Giulietta è una z****** che anche un modo divertente intelligente di sfottersi a vicenda. Però la mia opinione è che una volta arrivati a questo punto bisognerebbe fermarsi. Ma tornando a Sarri Bisogna ricordarsi che c’è anche una questione professionale e di carriera. Sarri è un allenatore di 60 anni ed è il più anziano della Serie A non può di certo passare richieste di squadre importanti.”
Parlando nel mercato Azzurro, di che cosa ha bisogno questo Napoli secondo lei anche in base a chi potrebbe andare via naturalmente? “E questo è un punto importante anche perché bisogna vedere se se ne va via Koulibaly, in quanto non sarebbe affatto facile sostituirlo oppure se ad esempio se ne andasse Allan il quale altrettanto non sarebbe facile da sostituire ma non come il K2. Koulibaly è uno tra i difensori migliori che ci sono al momento e negli ultimi due anni è tra i primi 5 difensori al mondo per capacità e tecnica e con Manolas Sarebbe sicuramente una delle coppie più forti che ci potrebbe essere in questo campionato. Attenzione all’Inter che ha una difesa a tre con Conte ora il quale gioca sempre con una difesa a 3 con De Vrij, Skriniar e Godin, che non è affatto male. Parlando invece di James Rodriguez,credo di poter affermare che sia più un trequartista o al massimo una seconda punta, ruoli che si assomigliano, ma non un’ala sicuramente. Ricordo che lo vidi all’inizio giocare e a livello tecnico era molto bravo poi si è un po’ perduto e non saprei se a livello caratteriale assomiglia ad Insigne il quale ha bisogno di essere spronato di tanto in tanto. Lui è stato con Ancelotti in due diverse squadre forse il distacco può aver creato un momento di assesto nella vita del giocatore in quanto non aveva più l’allenatore che l’aveva sistemato anche a livello tattico nelle squadre in cui aveva giocato.”
Ricorda quale fu la prima partita che segui come giornalista? “La gara vide la Battipagliese in serie D vincere la gara per 3 a 0 alla fine. Del Napoli invece non ricordo vivamente quale fu la prima partita, anche perché quando iniziai a seguire il Napoli ci fu tutta una serie di partite che si susseguirono velocemente.”
Tra Sivoli, Altafini e Savoldi Quale di questi giocatori ammira di più nella storia del Napoli? “Io quando ero ragazzo impazzivo per Sivoli e avrei sicuramente picchiato anche il mio migliore amico se avesse detto qualcosa di male sulle abilità del giocatore. Ricordo che pensavo, quando vedevo alcune giocate di Maradona, di aver già visto quelle movenze ma più lente e riconobbi alcune giocate che Sivoli faceva. Poi diventammo anche amici. Ricordo di aver dovuto scrivere il coccodrillo quando finì purtroppo. Ricordo che verso il finale di partita, se il Napoli era in vantaggio di un solo gol, era solito mettersi nell’angolo e mantenere la palla per evitare che andasse nelle mani avversarie e se non riusciva a mantenere palla riusciva sempre ad ottenere un fallo così da far perdere ulteriore tempo.”
A luglio ci saranno le Universiadi. Che cosa ti aspetta lei da questo evento, anche a livello internazionale, visto la grande quantità di persone che parteciperanno all’evento e anche per ciò che concerne l’impiantistica della città? “Spero che sia l’occasione per Napoli di presentarsi al mondo nel modo che più le renda onore, l’onore di una ex capitale di un regno importante e una città storica al pari delle grandi capitali europee. Mi auguro sia un bene per la città naturalmente e spero che nelle infrastrutture si faccia qualcosa di utile per i cittadini e per la città.”
Questa nazionale italiana femminile di calcio che cosa farà secondo lei in questo campionato mondiale? “Per quanto mi riguarda ieri ero davanti al televisore con la bandiera a tifare per queste ragazze che stanno esprimendo un ottimo calcio. Io ho sentito dire in giro che questo calcio femminile sarebbe una cosa differente da quella maschile, cosa che io non comprendo sinceramente in quanto io vedo nel calcio femminile alcune cose che per esempio gli uomini latitano anche a livello tecnico e questo non soltanto in questo campionato mondiale che stiamo vedendo ma anche nel campionato femminile italiano, dove squadre come la Juventus, il Napoli e tante altre giocano un bel calcio che sa entusiasmare. Felice che hanno battuto la Cina e farò la stessa cosa sabato alle ore 15,00 contro l’Olanda”.
Nel calcio femminile ormai manca soltanto una posizione chiara della Federazione che renda questo sport al femminile professionistico a tutti gli effetti come per esempio viene fatto negli Stati Uniti d’America. Cosa deve fare la Federazione secondo lei? “Molto semplice, deve volere il professionismo nel calcio femminile. Tutto qui. Anche perché le strutture ci sono e le società ci sono”.
Intervista a cura di Raffaele Trematerra e Alessandro Sacco
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