In campo alzava il pugno sinistro per salutare i tifosi. Era da poco passato il ‘68, Paolo Sollier, centrocampista del Perugia, venne etichettato come anticonformista. Da ieri il comunista Sarri è ufficialmente l’allenatore della Juve: lo avrebbe mai immaginato il compagno Sollier? «Trovo strane le chiacchiere che si fanno su questa storia. È difficile per un allenatore professionista respingere le tentazioni della carriera ed è naturale che uno come Sarri, partito molto dal basso,da quel mondo dilettantistico che ho vissuto anche io, e arrivato a livelli molto alti, voglia provare a vincere lo scudetto». Sembra un ragionamento lineare, però non a Napoli, dove l’uomo nato a Bagnoli e tifoso dichiarato degli azzurri era diventato icona: c’è l’accusa di tradimento anche perché Maurizio era diventato perfino il simbolo di un movimento di opinione. «Ognuno è libero di scegliere i simboli che vuole, però non credo che Sarri debba rispondere per il ruolo che gli hanno attribuito o per dove è stato collocato. Non mi colpisce che vada alla Juve, proprio per l’aspetto professionale. Mi stupisce invece la narrazione della vicenda: un discorso è la carriera sportiva, un altro sono le valutazioni politiche. Non so quanto questo sia stato considerato un tradimento a Napoli. Un anno fa Sarri ha ritenuto conclusa la sua esperienza ed è andato via da quella città. Se vai via, il rapporto professionale si è concluso e la scelta fatta dopo è legittima, perché c’è l’ambizione di vincere».
Fonte: IL Mattino