Questa stagione ha evidenziato un’affluenza anomala al San Paolo, la squadra è stabilmente nei primi posti della Serie A ma la stadio azzurro fatica a riempirsi. Si è passati dal minimo dei 19 448 contro la Lazio al massimo di 46 585 contro il Bologna, motivo per cui non sono i big match a riempire il San Paolo ma c’è uno stato d’animo di indecisione che non porta il pubblico sugli spalti. Il secondo posto in campionato è diventato una bella abitudine, ma i sostenitori partenopei chiedono di più. Chiedono di sognare a occhi aperti come l’anno scorso quando fino alle ultime giornate Sarri e il suo “Bel Giuoco” facevano sentire il fiato sul collo della corazzata Juventus. La città non si identifica al 100% nella squadra o forse nel Presidente. Altre società, con risultati decisamente inferiori al Napoli negli ultimi 5 anni, come Milan e Inter riescono a portare una media di 45-50 mila spettatori. Segno di un‘identità ben radicata nel tifo, i risultati delle milanesi nell’ultimo lustro non sono paragonabili a quelli degli azzurri ma il tifo lombardo è più attaccato alla squadra. Al San Paolo si respira un clima surreale con contestazioni, come lo striscione della Curva B: “Sarri uno di noi”, che non porta positività all’ambiente. I supporters devono chiedere chiarezza sugli obiettivi alla società, ma disertare a volte facendo sembrare che si giochi a porte chiuse non aiuta nessuno. Si è creata una forbice di “indecisi” tale da riempire e svuotare il San Paolo a targhe alterne, bisogna trovare un equilibrio.
A cura di Emilio Quintieri