Zittire gli scettici con un’impresa. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare
Salvare la stagione con un ‘impresa
La citazione sarà pure abusata, ma è difficile dirla meglio: se non è una finale poco ci manca, questa sfida che ci attende stasera in uno stadio troppo rosso per non ricordarci recenti delusioni, e contro un avversario troppo inglese per non stuzzicarci voglie fortissime di rivalsa. Quasi una finale, in attesa di quella autentica sulla quale abbiamo messo gli occhi da allora, da quella nera serata nel rosso dell’Anfield. Quella sera nera all’Anfield, contro i rossi di Liverpool, quando un solo gol di differenza, un gol appena, ci estromise dal sogno Champions. Era l’11 dicembre, quattro mesi fa, sembra passato un secolo: e cosa non daremmo per tornare ad allora, a quel periodo strabiliante in cui ancora ci stropicciavamo gli occhi davanti a partite tese, emozionanti, brillanti. Ai giorni in cui lasciavamo gli stadi europei portandoci dietro un’eco di applausi e complimenti, riuscendo pure a non perdere un colpo in campionato. Ai giorni in cui eravamo convinti di aver trovato una volta per tutte la quadra, la bellezza del gioco che ci aveva insegnato l’uomo in tuta, la concretezza e il piglio deciso, da signora squadra, che l’allenatore vincente, l’allenatore esperto e autorevole, aveva in breve impresso sulle nostre residue debolezze. La quadra l’abbiamo invece smarrita, e pure diversi punti qua e là, ritrovandoci infine in una selva oscura fatta di domande strane, di paragoni se non improbabili sicuramente inutili, di diffidenze reciproche tra tifosi: ma si potrà criticare Ancelotti senza per questo passare per disfattisti? Si potrà esaltare il nuovo corso senza automaticamente finire nel girone sarrista dei rinnegati? Sono giorni di angosce esistenziali, giorni di calcoli che stranamente danno numeri uguali e risultati diversi: i venti punti di distacco dalla prima in classifica diventano tanti, troppi se paragonati ai quattro dell’anno scorso, e invece pochi o nulli se inseriti nella famosa griglia di inizio campionato che prevedeva per noi un quinto posto. Giorni di dubbi morettiani: ci si nota di più adesso, con questi venti punti sul groppone, o ci si notava con gli appena quattro dell’anno scorso? E vale di più il secondo posto di ieri, ottenuto dopo un duello perduto solo a un passo dalla meta, o quello di oggi, oggi che gli strisciati sono più forti e tutti gli altri ci stanno diverse spanne più dietro? O valgono uguale visto che comunque secondi eravamo e secondi siamo? Eh sì, sembrano discorsi surreali, chiacchiere inventate. Invece è questo l’effetto della depressione da sconfitte e pareggi reiterati, e questo il conseguente livello del dibattito, soprattutto social, che ha animato la lunga, lunghissima vigilia del match che ci attende stasera. Stasera che ci giochiamo un pezzo di stagione, o forse tutta: stasera che si fa sul serio, finalmente, contro avversari che hanno fame di vittorie come noi, che hanno un allenatore noto e stimato, anche se meno titolato del nostro. E che ci temono e ci rispettano quanto noi temiamo e rispettiamo loro: il pronostico è difficile, forse impossibile, tanto che persino i famosi bookmakers inglesi non riescono a sbilanciarsi, ammettendo solo una lievissima e ovvia chance in più per i padroni di casa, notoriamente imbattuti nel loro Emirates addirittura dall’estate scorsa. Risultato aperto, insomma, e ritorno a Napoli per mettere a posto le cose: la condizione migliore per tornare a innamorarsi del calcio, per riappropriarsi del senso più vero del tifo. Non chiacchiere ma sostegno, non dubbi ma passione: stasera l’azzurro dovrà farsi vedere oltre il rosso, stasera gli undici napoletani in campo nel catino inglese avranno bisogno di sentire intorno a sè la forza di una città intera. Come un anno fa, quando l’obiettivo era un altro, e per quell’obiettivo tutto il resto fu sacrificato. Stasera l’obiettivo è l’Europa, è un obiettivo a portata di mano, e non ci sono strisciati in giro, non ci sono scippi da temere. Noi siamo pronti, voi undici maglie azzurre nel catino rosso fateci vedere che lo siete: che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano non solo a giocare, ma anche a vincere. Fonte: Il Mattino