Il compito di ridare fiducia e stimoli ad una squadra che stenta a ritrovare entrambi, spetta all’ Europa. Nonostante quanto accaduto ieri sera a Salisburgo. Ne parla Ciccio Marolda dalle pagine de Il Corriere dello Sport: “Sei Ancelotti? Allora sei colluso con le Coppe, signor Carlo. Non che da Salisburgo il Napoli torni a casa con qualche medaglia e neppure con la coccarda del più bello della notte, questo proprio no, però con il passaggio ai quarti recupererà fiducia. Rafforzerà, cioè, la consapevolezza di poter fare ancora qualcosa d’importante. Di averne la capacità. La forza, a patto, si capisce, d’andare in campo senza dover rinunciare a piedi assai importanti. Nonostante la sconfitta – che brucia, sì, ma che non ridimensiona -, infatti, resta affidato all’Europa il compito d’alimentare l’autostima di questa squadra rispetto alle sbandate rimediate in campionato. Perché? Piace pensare almeno per un paio di cose. La prima: perché il Napoli è ormai squadra europea. Non è un caso, infatti, se ispirato da quattro diversi allenatori (Mazzarri, Benitez, Sarri e Ancelotti ) e da quattro differenti filosofie di calcio, da dieci anni e senza interruzioni, frequenta l’Europa migliore del pallone. L’altra, assai più contingente, potrebbe essere la convinzione, forte, della squadra che questa stagione si può ancora incorniciare. E del resto qualcosa deve pure alla sua gente, visto che in questo “obbligo europeo” stavolta il Napoli ci si è infilato da solo e non senza peccati. Gridano vendetta e riscatto e anche risarcimento, infatti, quei diciotto punti di vantaggio della Juve. Uno schiaffo troppo forte per non cercare soddisfazioni altrove. Ed è proprio questo che sta succedendo. Che ha fatto a Salisburgo per un tempo e mezzo dando conto di sé anche come squadra che sa riflettere e aspettare, colpire e addirittura amministrare prima di sfaldarsi nel finale.
Comunque sia, il passaggio ai quarti è cosa fatta. E che sia oppure no (e lo è) un passo avanti rispetto all’anno scorso la cosa assai importante perché tiene in piedi la stagione. La ravviva. La riaccende, così come l’interesse della gente assai più interessata al colore del successo che a quello dei futuri sediolini dello stadio. Perché sono trent’anni che non vince il Napoli in Europa. Era l’ottantanove, infatti, quando Diego dopo la magica notte di Stoccarda se ne andò a dormire con la coppa Uefa, per gli azzurri primo e ultimo importante trionfo internazionale. Era il Napoli di Careca ed Alemao, di Renica e Ferrara, di Carnevale e Fusi oltre che del più grande d’ogni tempo e d’ogni luogo. Racconti, gioie e divertimento di troppo tempo fa.”
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