Ciro Caruso ed i “ragazzi”: “Mi colpisce l’intelligenza tattica e l’intuito per la giocata”

0

Sì, nell’ ambiente si diceva e tutti ne erano più che certi: Ciro Caruso sarebbe diventato un top player della difesa. Gli infortuni, solo quelli, non glielo hanno permesso. Nato e cresciuto a Napoli, ha coronato il sogno di ogni bambino di vestire la maglia azzurra prima nelle giovanili e poi in prima squadra. Dopo aver lasciato i campi da giocatore, ha fondato una scuola calcio («Il presidente onorario è il mio amico attore Biagio Izzo») e si è dedicato alla scoperta dei calciatori di domani. Perché non c’è niente di più naturale per i suoi occhi di riconoscere il talento.
Quella di passare dal campo alla tribuna è stata una scelta naturale? «Praticamente sì, anche se devo molto a Beppe Galli che era il mio agente quando giocavo».
Perché? «Non mi ha mai abbandonato. E quando ho deciso di smettere mi ha detto: Sei nato per scoprire talenti. Mi è sembrato di risentire le parole del mio grande maestro Gigi De Canio, il quale diceva: Caruso, quando era in campo, già sapeva quello che volevo dire».

Factory della Comunicazione

E oggi cosa la colpisce di più di un ragazzo? «L’intelligenza tattica. Proprio come ero in campo: se intuisce prima la giocata per me è un segno. Ovviamente tutto dipende dal ruolo che ricopre».
Perché lei come era? «Prima che un attaccante riceveva la palla io già mi muovevo perché sapevo dove sarebbe andato».
Ma lei che tipo di giocatore era? «Difensore centrale tecnico». 

E allora, tra passato e presente: cosa dice ai ragazzi che vede oggi sui campi? «Innanzitutto di non abbattersi mai perché il calcio è un gioco che ci rende felici, le disgrazie sono altre. Devono seguire il loro sogno e non arrendersi mai, perché non riuscire a sfondare non è la fine del mondo. I valori della vita sono altri, ma se hai un sogno è giusto inseguirlo».
Quanto è di aiuto per lei che è stato un calciatore e ha vissuto tanti problemi fisici parlare con un ragazzo che oggi sogna di arrivare a giocare in serie A? «Aiuta tanto, perché ho già vissuto quelle emozioni e le trasmetto. Aver vissuto uno spogliatoio importante come quello del Napoli non è una cosa da tutti i giorni. Quando io parlo i ragazzi poi mi dicono: Dopo il mister mi ha detto le stesse cose».
Lei ha lanciato tanti ragazzi che oggi sono in serie A, da Pezzella, a Edera e Parigini, ma quante partite vede dal vivo? «Circa 5 o 6 a settimana, in tutte le categorie. Prima seguivo anche l’estero, ora di meno ma solo perché non c’è tempo».
In questa sessione di mercato Giuseppe Pezzella, che è uno dei ragazzi che ha lanciato lei, ha cambiato squadra: cosa si dice a un giocatore quando è al centro di una trattativa di mercato? «Cerco di far capire loro che devono credere in loro stessi. Se hai quei mezzi che ti hanno permesso di stare lì è solo questione di autostima. Quello che conta più di tutto è credere nei propri sogni».

 

Il Mattino

 

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.