M. De Giovanni: “Quello che è successo l’altra sera a Milano, è il segnale di una divisione progressiva tra il Nord ed il Sud”
C’è qualcosa di gravissimo in quanto accaduto l’altra sera a Milano, prima, durante e dopo la partita tra Inter e Napoli, che Maurizio De Giovanni teme possa sfuggire all’attenzione generale: «È il segnale di una divisione progressiva e ormai evidente tra il Nord e il Sud. È il manifestarsi di un sentimento anti meridionale giunto a livelli di emergenza civile, che non può essere relegato nell’ambito degli scontri tra tifoserie. Il fatto è che gli stadi stanno facendo venir fuori il peggio del nostro Paese. Su questo occorre riflettere». De Giovanni, autore delle saghe del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone, libri amati sia al Sud che al Nord,si esprime così a Il Mattino.
De Giovanni, ma non le sembra di essere troppo estremo? In fondo, oggi in Italia non c’è città più di Napoli nelle sue varie rappresentazioni: nei suoi romanzi, in quelli di Elena Ferrante con le versioni televisive di straordinario successo, nei film di Mario Martone, nella canzone, a teatro, nell’arte.
«Attenzione: bisogna distinguere. Napoli come città resta la più amata, i napoletani no. Vengono percepiti come un’entità diversa rispetto alla città, vista come indicava Benedetto Croce, un Paradiso abitato da diavoli. Per altro, si tratta di una immagine perfettamente affine al modo in cui gli stessi napoletani si pongono. In realtà non è così».
Perché?
«Siamo di fronte a una grande perversione: non è possibile distinguere la città di Napoli dalle persone che la abitano, insieme formano una identità complessa ma inscindibile. E questo vale anche nel calcio, che anzi ne costituisce la testimonianza evidente e quasi paradigmatica».
Come?
«Nessuna grande città italiana ha una sola squadra. Napoli sì. Non è un caso, perché Napoli e il Napoli sono sovrapponibili, entità che si intrecciano e danno forma a una sola creatura dal formidabile segno identitario. E l’identità viene fornita proprio da chi anima questo organismo, cioè dai napoletani. Il senso del luogo è dato anche se non soprattutto da chi l’abita. Da Ponticelli a Posillipo la gente nella sostanza è la stessa. Questa è la sua forza, che diventa motivo di odio».
Insomma, Napoli è odiata per la sua identità?
«Certo, perché in un mondo omologato è una città diversa. E oggi si ha paura e si odia chi appare nella sua diversità che è cifra di una identità precisa».
Anche nel calcio? «Il calcio è lo specchio delle tensioni sociali e in questo momento ancora di più».
Ma la partita di calcio non ha una sua specificità nell’essere la rappresentazione rituale di un conflitto bellico, il luogo dove si manifesta in toni estremi la dicotomia amico-nemico?
«La partita di calcio fa emergere il peggio dei comportamenti e ora sta portando all’esplosione la spaccatura che c’è in Italia tra il Nord e il Sud. Questo è l’elemento gravissimo che viene dai fatti di Milano. Il problema è l’odio anti meridionale fomentato dal clima politico e sociale che c’è in Italia».
Odio anti meridionale che comunque produce l’effetto schizofrenico di far amare l’immagine e i racconti che vengono da Napoli esaltati anche dai suoi libri.
«L’ultima volta che sono stato a Milano per presentare un mio romanzo ho avuto una sala zeppa con 500 persone e tante altre in fila fuori. Ma so bene che si tratta di una minoranza interessata alla cultura rispetto alla maggioranza che si esprime come si dice oggi di pancia. Loro non hanno pregiudizi, gli altri si sfogano con azioni violente».
Lei sta dicendo che la questione è sociale, che occorre riflettere e capire, che non siamo di fronte a meri accadimenti di cronaca. Intanto gli stadi restano in preda alle curve e alle offese razziste.
«Occorre applicare le regole, che ci sono e che vengono disattese. Ai primi fischi razzisti bisogna sospendere le partite e magari dare la partita persa a tavolino per 3 a 0 alla squadra della tifoseria che insulta. Si segua il modello dell’Inghilterra. Carlo Ancelotti, che ha girato gli stadi d’Europa, ha ragione».
Fonte: Il Mattino